Il bypass spirituale: se lo conosci puoi superarlo

Il bypass spirituale è la trascendenza difensiva: voler elevarsi oltre il proprio lato umano senza averlo prima conosciuto e integrato completamente.
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bypass spirituale

Il bypass spirituale può essere definito come trascendenza prematura: voler elevarsi oltre il proprio lato umano senza averlo prima conosciuto e integrato completamente.

Il bypass spirituale è l’uso, consapevole o meno, di idee e pratiche spirituali per evitare di affrontare problemi psicologici aperti, materiale emozionale irrisolto, ferite non rimarginate o tappe di sviluppo non portate a termine.

È fin troppo facile cadere in questo meccanismo, tanto che è universalmente diffuso in tutti i circoli spirituali o pseudo tali. Lo si vede ovunque, nelle sue varie forme. Come sempre, conoscere i meccanismi di queste dinamiche è il primo passo per poter andare oltre e spianare la strada alla propria evoluzione. Vediamo dunque come si genera, quali sono le sue manifestazioni e come andare oltre questa trappola evolutiva.

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L’inizio

L’inizio di un percorso di crescita spirituale muove generalmente da una motivazione di carenza. Non è un principio matematico, ma di solito accade questo: senti che in te c’è un qualche tipo di disagio e tenti di superarlo, o di attenuarlo, per stare meglio. Può trattarsi di un disagio psicologico, relazionale, fisico o anche esistenziale e filosofico. Il movimento può essere schematizzato così: un sentire che “così come sono non vado bene” associato alla sua controparte “devo fare qualcosa per andare bene.”

Il passo seguente diviene l’intraprendere una via di crescita interiore. Un seminario, un ritiro, l’affidarsi a una relazione di aiuto. Questo ti da la possibilità di andare oltre, di uscire dal disagio e toccare con mano la bellezza del liberarsi delle proprie limitazioni. Nel migliore dei casi c’è un contatto con la dimensione soggettivamente assoluta, che dona alla persona la completezza, prima ricercata in posti inadeguati. La perfezione della realtà non-duale scioglie ogni tensione e imperfezione.

Da dove origina allora il bypass spirituale?

Il bypass spirituale accade quando la pratica spirituale, invece di aiutare ad integrare le limitazioni umane, diviene un sostituto per evitare di affrontare le questioni psicologiche, relazionali o concrete irrisolte.

La realtà è che il solo conoscere la dimensione della consapevolezza non risolve i problemi pratici della vita, non sistema automaticamente le relazioni disfunzionali.

Detto in modo ancora più diretto: sapere chi sei veramente non paga le bollette.

Con questo non sto dicendo che la ricerca spirituale sia inutile, tutt’altro. Sapere chi sei è l’origine per creare il tuo modo di pagare le bollette, il modo che ti rappresenta e ti realizza. Questo è il passo fondamentale per avere la tua completezza esistenziale.

Quindi sì, la pratica spirituale è fondamentale, ma va integrata nella vita, affinché la vita stessa divenga il terreno di pratica e di autorealizzazione.

Se di base hai la credenza che la consapevolezza sistemi da sola ogni cosa, la pratica spirituale può diventare una via di fuga dalla realtà. Un seminario può diventare una sorta di valium metafisico. Una vera e propria “dose” di verità assoluta.

Questo bisogno nasce quando nella vita quotidiana non sei in contatto con questa tua verità. Allora devi riempire il serbatoio, devi prendere un’altra dose per tirare avanti nella vita e nelle relazioni.

Dissociazione - Bypass spirituale

Dissociazioni

Da dove origina questa tendenza alla trascendenza difensiva? La sua origine può essere ricondotta alla dissociazione. Il bypass è in sostanza una scissione nelle dimensioni esistenziali, quindi in realtà la dissociazione ne rappresenta sia la causa che l’effetto.

Mi spiego meglio: la dissociazione è il fatto che abbiamo delle parti non integrate, delle parti che nascondiamo a noi stessi e che non vogliamo o riusciamo a vedere. A livello individuale questo si traduce nel fatto che abbiamo una parte conscia, un io, contrapposto ad una parte inconscia, percepita come separata, o apparentemente inaccessibile.

La dissociazione crea il bypass spirituale, cioè crea scissioni nelle dimensioni esistenziali mantenendo viva e operativa la dissociazione primaria alla base di tutto.

Il bypass spirituale è una frattura tra la realtà non-duale e la nostra natura umana.

È una contrapposizione tra una parte della vita ritenuta elevata e virtuosa rispetto al suo opposto, ritenuto inferiore.

Il bypass spirituale si manifesta in queste e altre dicotomie, con un’enfasi difensiva posta al primo elemento della lista:

  • Verità soggettivamente assoluta / Verità relativa
  • Impersonale / Personale
  • Vuoto / Forma
  • Trascendenza / Incorporamento fisico
  • Testimoniare / Sentire pienamente

Invece di integrare tutte le dimensioni esistenziali, le loro funzioni e i loro bisogni in un adattamento funzionale, vengono create pericolose fratture.

Bypass spirituale - Immagine idealizzata di sé

Sistema di credenze

Il bypass spirituale raggiunge il suo apice quando si manifesta in una pseudo-spiritualità completamente scollegata dalla pratica. Nei casi estremi di questa dinamica la persona non è mai venuta in contatto con la dimensione non-duale ma assume semplicemente un sistema di credenze come modo di vivere. Lo fa perché intuisce che dovrebbe essere così, perché è poeticamente affascinante, o perché apparentemente lo eleva sopra gli altri, o ancora perché questo gli permette di mantenere una relazione con un gruppo con cui sente appartenenza. Le motivazioni possono essere molteplici.

Quando manca la conoscenza diretta della dimensione della consapevolezza la persona emana una spiritualità di facciata, completamente mentale e disincarnata dalla sua vita.

Il segnale di allarme per questa condizione è una mancanza di coerenza, con sé stessa e con gli altri: dice una cosa e ne fa un’altra. Fa una cosa quando è in relazione con gli altri, e l’esatto opposto quando è da sola.

A volte gli ideali spirituali sono messi in pratica nei confronti degli altri (ad esempio gentilezza e compassione), ma verso sé stessi invece il trattamento è alquanto differente: la persona manifesta rigidità e durezza.

Identità compensatoria

Quando è in atto il bypass spirituale, essere eccellente nella pratica spirituale diviene una identità compensatoria, che difende e nasconde una identità carente, quel senso di “non vado bene” all’origine di tutto. Anche se la pratica è eseguita con diligenza, in realtà è una negazione, un vero e proprio meccanismo di difesa. La pratica soggettivamente diviene un dovere, un modo per cercare di sentirsi bene con sé.

Questa dinamica porta a una scissione nelle aree della vita: la pratica rimane segregata dal resto. La pratica spirituale non è integrata nel funzionamento globale dell’individuo, non penetra cioè nella sua vita. Un altro modo di dirlo: la vita non è a immagine e somiglianza della verità di sé.

L’identità compensatoria si manifesta in modo differente in base alla struttura di personalità. Quando l’effetto compensatorio si somma alla personalità narcisista, l’acutezza nella pratica spirituale diviene mezzo per elevarsi al di sopra degli altri o per usarli in modo manipolatorio: è la  grandiosità narcisista.

Il narcisista, invece di usare la pratica spirituale per superare il proprio ego, la usa per inflazionarlo. Nasce un ego spirituale: un ego che usa la spiritualità a proprio favore.

All’opposto le persone tendenzialmente depresse entrano in una dinamica inversa:

Le persone che tendono alla depressione usano gli insegnamenti spirituali, come quello dell’inconsistenza del sé, come mezzo per rinforzare la loro mancanza di amore per sé stesse.

Si sentono male riguardo loro stesse, e l’insegnamento dell’inconsistenza del sé diviene un giudizio supplementare, che rinforza la loro colpa o vergogna alla base della tendenza depressiva. L’esito paradossale è proprio che tentando di negare il sé rimangono inevitabilmente invischiate in questo processo.

Bypass spirituale - Super-io spiritualizzato

Super-io spirituale

Quando gli insegnamenti spirituali vengono incorporati in un sistema di credenze si cristallizza un’immagine idealizzata di sé.

Invece di sentire che vai bene così come sei, questo meccanismo ti fa sentire sempre in carenza di qualcosa. È un sorta di super-io spiritualizzato che riempie la testa di dovrei: dovrei pensare questo, dovrei fare quello, dovrei sentirmi così e via dicendo.

Il meccanismo psicologico è attivo, come sempre, in duplice direzione: il senso del dovrei è anche proiettato sull’altro. Allora l’altro non va bene così com’è, ma dovrebbe essere in un certo modo, dovrebbe comportarsi e vivere secondo dei canoni idealizzati.

Vivere un ideale invece di essere chi sei veramente è una forma di violenza interiore che ti divide in due parti, una contro l’altra. Ogni forma di idealizzazione è un atto di violenza verso di sé. 

Attaccamento - Bypass spirituale

L’attaccamento

Una parte fondamentale degli insegnamenti spirituali concerne l’attaccamento. L’attaccamento è rifiutato e considerato un legame limitante, un vincolo alla natura umana che impedisce di dimorare permanentemente nella libertà dell’essere.

In termini psicologici la parola attaccamento è invece del tutto positiva: l’attaccamento sicuro rappresenta il legame emozionale positivo con le relazioni primarie e promuove connessione con sé e con l’altro, incorporamento radicato e benessere della persona. Esiste una mole impressionante di studi a tal proposito, tale da rendere impensabile non tenere conto di questo fattore decisivo nella formazione psicologica della persona.

Di nuovo le due nature umane, assoluta e relativa, sono in apparente in contrasto. In realtà non lo sono, vediamo perché.

L’attaccamento su cui gli insegnamenti spirituali pongono l’accento è l’afferrare, o tenere, eccessivamente qualcosa. Può essere riferito a qualsiasi cosa: un oggetto, un’emozione, un’idea, un sentire, una relazione. Per non confonderlo con l’attaccamento psicologico lo possiamo definire grasping (dall’inglese grasp: afferrare).

Il bypass spirituale mette in atto questa dinamica subdola e pervasiva: invece di consumare il grasping la persona evita l’attaccamento.

Negli studi psicologici sull’attaccamento è stato catalogato un tipo particolare di attaccamento: l’attaccamento evitante. Si sviluppa nei bambini che non hanno avuto genitori disponibili dal punto di vista emozionale e relazionale. I bambini crescono imparando a prendersi cura di loro stessi senza creare un legame sicuro, senza (apparentemente) il bisogno dell’altro.

È una strategia di adattamento: se i tuoi bisogni non sono soddisfatti, ed è troppo doloroso sentirli, giri la testa dall’altra parte. Impari ad arrangiarti da solo. Si crea un’identità compensatoria distaccata dalle relazioni e dalla vita stessa.

Chi ha un attaccamento evitante usa l’insegnamento del distacco (non-attaccamento) come una difesa per non sentire il dolore che sta sotto la mancanza di relazione, quella che avrebbe dovuto ricevere e invece non ha ricevuto.

Questo tipo di struttura di personalità è molto attratta dagli insegnamenti spirituali riguardo l’attaccamento, perché gli risuonano familiari. Un insegnamento spirituale fondamentale, quello di consumare il grasping, viene usato come rinforzo del meccanismo di difesa.

La persona mette in atto un evitamento dell’attaccamento invece di sciogliere il grasping.

Evitare l’attaccamento non significa essere liberi dell’attaccamento, è solo un’altra forma di grasping: l’aggrapparsi alla negazione dei proprio bisogni di attaccamento umani, dovuti alla mancanza di fiducia che l’amore può essere affidabile e sicuro. 

Per la personalità con attaccamento evitante, il vero attaccamento umano è pericoloso e crea paura.

In sostanza le persone con attaccamento insicuro confondono l’assenza di grasping con la loro dinamica di attaccamento evitante.

Per consumare il grasping l’attaccamento va vissuto totalmente, in modo intenso. Si scioglie in modo spontaneo e naturale quando la persona ha avuto modo di integrare completamente quell’oggetto/esperienza/relazione.

Non puoi lasciare andare qualcosa che non possiedi.

Per questo motivo:

È necessario soddisfare appieno l’attaccamento umano prima che l’autentico non-attaccamento spirituale sia realmente possibile.

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La volontà e la resa

La volontà è un altro aspetto colpito in modo massiccio dal bypass spirituale. La dinamica è simile a quello che abbiamo appena visto riguardo l’attaccamento.

La volontà è un aspetto naturale dell’essere umano. Ci appartiene in quanto individui dotati di consapevolezza.

Vediamo brevemente alcune proprietà della consapevolezza.

La consapevolezza interagisce con la realtà tramite l’attenzione. Dove poggi l’attenzione, divieni consapevole. Sia esso un oggetto fisico, o un’emozione, o un pensiero: poggiando l’attenzione sull’oggetto, ne divieni consapevole.

Possiamo dire che l’attenzione è l’organo di senso della consapevolezza. Ci appartiene ed è del tutto naturale.

Così come è del tutto naturale la scelta.

Infatti la scelta è l’organo di azione della consapevolezza.

Attenzione e scelta sono due organi della consapevolezza di sé. La prima è l’organo di senso, la seconda è l’organo di azione.

L’individuo consapevole interagisce con la realtà tramite la scelta.

La scelta è lo strumento con cui l’individuo consapevole interagisce con tutto ciò che esiste, sul piano fisico, emozionale, mentale e relazionale.

Molti pensano che la scelta sia una proprietà mentale, ma si tratta di un dato errato: la scelta appartiene all’essere consapevole.

Quando è in atto un bypass spirituale la persona giustifica la sua mancanza di volontà definendola resa.

La resa è riferita a un potere superiore, al destino, alla volontà divina.

Ancora una volta un profondo insegnamento spirituale viene acquisito come meccanismo difensivo.

In realtà la volontà è atrofizzata perché manca l’integrità di sé a causa della dissociazione. La volontà è castrata e impedita nella sua piena espressione, e questo viene giustificato tramite l’insegnamento della resa.

Ogniqualvolta si manifesta la volontà individuale, viene vista come un’espressione egoica, da condannare e reprimere. Di nuovo, un sistema di credenze interferisce con l’espressione della nostra umana natura, generando circoli viziosi e frustrazione continua.

Dov’è l’intoppo in questo meccanismo?

L’autentica resa si riferisce al risultato dell’azione, non alla scelta.

Una retta azione è guidata da una scelta consapevole, da una volontà posseduta e incarnata pienamente, e priva di attaccamento al risultato. La vera resa è la resa del risultato dell’azione, con un’attenzione concentrata in modo naturale sull’azione stessa, in totale apertura al momento presente. L’azione è mossa da piena consapevolezza e volontà. Essendo l’attenzione concentrata nel qui e ora, non è rivolta al risultato. Questa è la resa.

Riassumendo:

Consapevolezza e volontà coincidono quando l’individuo recupera l’integrità di sé.

Quando manca la piena consapevolezza di sé la volontà è in qualche modo impedita, e questo viene giustificato in modo difensivo acquisendo un sistema di credenze spirituali legato alla resa della volontà.

Bypass spirituale - Corpo

Il bypass spirituale del corpo

Il corpo è la prima dimensione umana ad essere colpita dal bypass spirituale. I motivi sono due.

Dal corpo fisico emerge il senso somatico. Se il sentire è troppo forte o doloroso, interviene un meccanismo psicologico che crea una distanza dal proprio sentire. Il corpo è dunque la prima dimensione esistenziale ad essere “spenta” per non sentire qualcosa di sopraffacente.

Inoltre il corpo eredita a livello culturale un giudizio negativo portato avanti dalle tradizioni religiose, che hanno per secoli considerato il corpo come la prigione dell’anima. Questo schema archetipico, seppur in via d’estinzione, è ancora attivo a livello inconscio.

Il bypass spirituale trasforma i bisogni corporei in elementi da combattere per elevarsi sopra la fisicità, per uscire dalla prigione corporea.

La fame diviene un bisogno da superare in virtù del valore della purezza dell’anima.

Il sesso è considerato peccaminoso, un bisogno da nascondere o reprimere.

Il sonno divine una forma di accidia, di inerzia all’azione, e acquisisce quindi una colorazione negativa.

In sostanza mancando il contatto con il proprio corpo, con il proprio sentire, i bisogni corporei sono o non sentiti completamente, oppure interpretati secondo degli schemi mentali con impronta spirituale. In termini bioenergetici manca il grounding, il radicamento nel proprio corpo e nel proprio sentire somatico.

Quando il corpo è vissuto nella sua interezza e integrato con le altre dimensioni esistenziali dell’individuo, i suoi bisogni sono ritenuti di primaria importanza, soddisfatti senza eccessi e con tempistiche adeguate. Il corpo allora cessa di essere una prigione, diviene un tempio.

Bypass spirituale - Emozioni

Il bypass spirituale delle emozioni

Nella dimensione emozionale il bypass spirituale si manifesta con una repressione delle emozioni negative.

In alcune forme di insegnamento spirituale le emozioni vengono catalogate e divise in due categorie: le emozioni positive, da coltivare, e le emozioni negative, da attenuare. Questo nel bypass spirituale viene portato all’estremo con un meccanismo repressivo. Ogniqualvolta la persona sente un’emozione catalogata come “negativa”, tenta di sopprimerla, smorzando nuovamente il proprio sentire emozionale in base a una serie di credenze spirituali.

Manca il pieno sentire dell’emozione, che è proprio l’elemento che permette di far evaporare ogni tipo di residuo emozionale. Non viene riconosciuto che ogni emozione è di valore: interviene un’interpretazione mentale nel tentativo di essere positivi a tutti i costi.

L’emozione più colpita da questo meccanismo è la rabbia.

Le persone che agiscono il bypass spirituale hanno letteralmente paura della rabbia. La rabbia è trattenuta e controllata minuziosamente, con l’effetto di creare una pentola a pressione emotiva, pronta ad esplodere verso l’esterno o a implodere verso di sé.

Bypass spirituale - Mente

Il bypass spirituale della mente

La funzione della mente è quella di elaborare e interpretare gli input sensoriali, e di generare forme di pensiero superiore, come ad esempio il linguaggio e la sintesi in schemi cognitivi. Non c’è nulla di negativo in tutto questo. Eppure la dimensione mentale viene spesso colpita pesantemente dal bypass spirituale.

La prima dinamica è la repressione della propria mente, o per meglio dire il tentativo di reprimere la propria mente. Siamo all’estremo opposto del bypass del proprio corpo visto prima.

Nel bypass spirituale il sentire viene elevato sopra il pensare. Viene dato estremo valore a quello che si sente, cercando di spegnere o annullare il pensiero.

Generalmente si ottiene proprio l’effetto opposto. Invece di integrare il sentire con il pensare, viene messa in atto una scissione. Spesso questo meccanismo si manifesta con una forte oscillazione bipolare tra il sentire e il pensare, con una serie di giudizi negativi associati a quest’ultima funzione.

Un altro effetto, corollario del precedente, è quello del cercare di non giudicare, di non interpretare. Si cerca di rinnegare proprio la funzione peculiare della mente. Detto con un esempio banale: se vedo un’auto che mi sta investendo, ringrazio la mia funzione mentale che mi permette di interpretare questo evento e mi permette di scansarmi. Di nuovo, si cerca di sopprimere una dimensione esistenziale umana, chiaramente senza successo.

Un’altra dinamica è quella di dare enfasi eccessiva al pensiero positivo. Questa trascina la persona in un loop mentale infinito, in cui ogni pensiero è giudicato e interpretato nuovamente secondo uno schema buono/cattivo, e con il seguente tentativo di sopprimere tutto quello che “non avrebbe dovuto pensare”.

Essendo le formazioni mentali duali per loro natura, ogniqualvolta si da enfasi ad una polarità si accentua inevitabilmente anche la sua parte complementare.

In sostanza essendo le premesse di questo approccio fallaci, l’esito è una ulteriore disfunzione.

Ci tengo a sottolineare che in ognuna di queste dinamiche mentali c’è un tentativo difensivo che però ha esito negativo o addirittura opposto al proposito iniziale. Mentre nel bypass del corpo e delle emozioni avviene un vero e proprio smorzamento del sentire somatico e delle emozioni, a livello mentale questo tentativo non ha successo, porta semplicemente la persona in un circolo vizioso.

Bypass spirituale - Relazioni

Il bypass spirituale nelle relazioni

Il bypass spirituale si manifesta in modo intenso nelle relazioni. È proprio nelle relazioni che emerge il materiale psicologico non integrato e le ferite non rimarginate, proprio perché queste sono spesso di tipo relazionale.

Quando è in atto il bypass spirituale la pratica spirituale è usata come mezzo per evitare la relazione, per creare una distanza sociale. La persona in questo caso è fredda e distante a livello relazionale. Si sente persa quando deve interagire direttamente con l’altro o esprimere i propri sentimenti in modo trasparente.

L’essere solitari e ritirati è un modo di vivere che in alcuni ambiti spirituali è considerato virtuoso, perché manifesta l’avvenuto distacco con il mondo della forma. In questo caso l’isolamento diviene un meccanismo di difesa.

In realtà queste persone vorrebbero tantissimo la relazione, è proprio quello di cui avrebbero maggiormente bisogno, hanno sete di connessione e di relazione autentica. Come abbiamo visto sopra è il loro schema di attaccamento evitante che crea questa dinamica tipica.

Il bypass spirituale si manifesta anche in una versione opposta: quando la persona ha dei confini dell’io labili si perde letteralmente nella relazione con l’altro.

Negli insegnamenti spirituali c’è generalmente un’enfasi sulla compassione, sulla gentilezza e sull’empatia. Alcune persone in questo processo perdono completamente il contatto con loro stesse, restando invischiate in quello che sente l’altro, facendosi carico di dinamiche emozionali e relazionali non proprie.

Nelle relazioni viene poi agito il meccanismo di proiezione fondamentale: il leader spirituale del gruppo di appartenenza diviene aggancio di proiezioni legate al rapporto con madre e padre. La sua posizione lo rende un polo magnetico preferenziale per incarnare gli schemi individuali di relazione con le figure genitoriali. Purtroppo accade che spesso i leader spirituali sfruttino a loro vantaggio questa dinamica. Se non riconosciuto il meccanismo di transfert (o traslazione) porta all’agire dinamiche alquanto disfunzionali da ambo le parti.

Bypass spirituale - Trascendenza difensiva

Il bypass spirituale della realtà fisica

La realtà fisica è un’altra dimensione duramente colpita dal bypass spirituale. Si reputa il mondo della forma pura illusione, da abbandonare e trascendere. In questa dimensione e in quella relazionale viene agita la dinamica che abbiamo visto relativa all’attaccamento evitante.

Chi agisce il bypass spirituale perde ogni contatto con la realtà fisica, con le sue responsabilità in quanto essere umano. In realtà si tratta di una negazione, di un meccanismo difensivo in azione.

Perdere il contatto con la realtà fisica significa non riconoscerne il valore e trascurarla in virtù di valori spirituali ritenuti più elevati. Significa agire in modo disfunzionale, fuori dal tempo e dalle relazioni. 

Un’altra dinamica difensiva messa in atto da chi agisce il bypass è la negazione di quello che sta succedendo a livello collettivo.

L’atteggiamento di fondo è il seguente: “se qualcosa non sta succedendo a me in prima persona, semplicemente non esiste.”

E non solo non esiste, “non ne voglio sentire parlare perché turba la mia quiete.

Da questo atteggiamento possono derivare due strategie:

La prima è l’evitamento delle fonti di informazioni discordanti il proprio punto di vista e una concentrazione dell’attenzione su quelle che lo confermano. (Un errore cognitivo ben noto in campo psicologico conosciuto come bias di conferma.)

La seconda strategia è l’attacco alle persone che sostengono tesi discordanti la propria imputando loro di non essere abbastanza sveglie o spiritualmente avanzate, o di essere serve del sistema.

Arroccandosi dietro un’identità spirituale o un presunto stato di coscienza elevato, viene avanzata una campagna denigratoria e svilente nei confronti di chi sostiene una tesi diversa alla propria.

Tutto è agito nel tentativo di non sentire disagio nei confronti di quello che sta accadendo a livello collettivo e di non assumersi la responsabilità personale nei confronti di esso. Non viene riconosciuto che proprio in quel turbamento è custodito il prossimo step di consapevolezza e che un aspetto importante della crescita interiore sta nel riconoscere l’interdipendenza reciproca. Una consapevolezza che generalmente si traduce in azioni concrete e in un coinvolgimento attivo con i temi sociali della propria collettività.

L’essere umano funziona nella realtà fisica con un corpo fisico, e la dimensione fisica è proprio quella dimensione che permette la piena realizzazione dei propri fini esistenziali. Quando l’individuo integra le dimensioni esistenziali in un adattamento funzionale, la dimensione fisica diviene amica, terreno di gioco per la propria autorealizzazione.

Scelta di un mentore

Come abbiamo visto i meccanismi del bypass spirituale sono numerosi e alquanto pervasivi. È necessario, innanzitutto, che tu conosca queste dinamiche ed effettuando un’autoanalisi riconoscere se stai agendo una di queste. La consapevolezza è sempre il primo passo per poter uscire dagli automatismi difensivi.

Nondimeno è importante per la tua emancipazione che tu scelga un percorso spirituale che operi per rompere il bypass spirituale. Sarà sicuramente una via più impegnativa, ma sarà la cosa giusta a lungo termine, per te.

Anche il mentore che sceglierai è bene che conosca i meccanismi del bypass, e che operi per disinnescarli alla loro radice, sia in sé stesso che nelle persone da lui seguite.

Esseri umani

La dimensione della consapevolezza è una dimensione esistenziale che ci appartiene in quanto esseri umani. La sua bellezza e la libertà che essa dona non deve diventare motivo per declassare le altre dimensioni dell’esistenza.

Ogni qualvolta interviene qualche tipo di bypass spirituale perdiamo contatto con una dimensione esistenziale e quindi con una parte della nostra umanità. Rimaniamo scollegati e frammentati da parti dell’esistenza che ci appartengono.

Come abbiamo visto nella rubrica sulla Consapevolezza Multidimensionale lo scopo della pratica spirituale è quello di travasare la consapevolezza all’interno di tutte le dimensioni, di integrarle in un adattamento funzionale con lo scopo di esprimere e realizzare l’individualità consapevole che noi siamo. Superare il bypass spirituale è un passo fondamentale per realizzare questo processo.

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La tua opinione

Questo articolo vuole essere semplicemente una guida introduttiva. Ho toccato solo i punti principali relativi al bypass spirituale, senza andare in profondità nei singoli meccanismi. Ci sarà tempo in articoli futuri per approfondire i vari elementi.

Mi farebbe molto piacere di sapere la tua opinione in merito a quanto hai letto.

Riconosci di agire, o di avere agito in passato, qualcuna di queste dinamiche?

Ho dimenticato in questo articolo di citare degli elementi che ritieni entrino nella definizione di bypass spirituale?

Hai scelto una scuola spirituale e un mentore che agiscono per rompere questi meccanismi di difesa?

Lascia la tua opinione nei commenti qui sotto. 


Bibliografia
Robert Augustus Masters – Spiritual Bypassing: When Spirituality Disconnects Us from What Really Matters
On Spiritual Bypassing, Relationship, and the Dharma An interview with John Welwood by Tina Fossella

Photo credit

Scabeater via VisualHunt / CC BY-NC-ND

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29 commenti su “Il bypass spirituale: se lo conosci puoi superarlo”

  1. Eccellente articolo. Sono consapevole di ogni passo elencato, da diverso tempo. Ad oggi, tutte le panacee sono finalmente superate, e, ad oggi, inizia la mia vita, quella vera, presente e discernente. Ringrazio comunque me stessa per non aver mollato mai. Ringrazio i vari guru, santoni, cialtroni e Maestri incontrati nel mio percorso cosiddetto “spirituale”. Ringrazio la vita e le difficoltà che mi ha posto davanti per risvegliarmi dall’ennesimo oblio. E’ importante sensibilizzare le persone sulla Verità, sempre di più.
    Grazie e ancora Grazie
    Daniela

    1. Grazie a te Daniela per la tua condivisione. Riuscire a superare le panacee è un grande traguardo, segno di maturità personale. È l’inizio della vita vissuta e originata da te stessa, proprio quello che dovrebbe fare il percorso evolutivo. Ti faccio i miei complimenti. Siamo comunque consapevoli che l’evoluzione non ha mai fine: ogni importante traguardo diventa la base per il gradino evolutivo seguente. Avanti così!

  2. Eccellente articolo, ben spiegato, accessibile nell’esposizione, supportata da efficaci metafore, il tema credo sia crucisle in questo momento storico caratterizzato da grande diffusione di idee e di discipline spirituali, ma anche da grande improvvisazione e pressapochismo. Condivido l’articolo, nella speranza che più gente possibile lo legga, anchevse purtroppo temo che la diffusa scarsa propensione alla lettura di testi più lunghi di 5 righe ostacolerá i più

    1. Grazie Tiziana per l’apprezzamento e per la tua condivisione. So che la lettura su internet è veloce e frammentaria, è purtroppo un limite del mezzo, che però ha il vantaggio di poter essere accessibile a tanti. Per mia esperienza, le persone realmente interessate leggono molto più di 5 riche, infatti i tempi di permanenza sulla pagina sono molto alti.
      Sulla pagina Facebook di Essere Integrale condividerò in questi giorni degli stralci dell’articolo sotto forma di immagini, un formato sicuramente più accessibile, se vuoi puoi attingere anche da lì. Di nuovo, grazie!

    2. Valentina Merlo

      Caro Agostino,
      Riporto il passaggio così mi risulta più facile riagganciarmi :altra dinamica difensiva messa in atto da chi agisce il bypass è la negazione di quello che sta succedendo a livello collettivo.
      L’atteggiamento di fondo è il seguente: “se qualcosa non sta succedendo a me in prima persona, semplicemente non esiste.”
      E non solo non esiste, “non ne voglio sentire parlare perché turba la mia quiete.“
      Da questo atteggiamento possono derivare due strategie:
      La prima è l’evitamento delle fonti di informazioni discordanti il proprio punto di vista e una concentrazione dell’attenzione su quelle che lo confermano. (Un errore cognitivo ben noto in campo psicologico conosciuto come bias di conferma.)
      La seconda strategia è l’attacco alle persone che sostengono tesi discordanti la propria imputando loro di non essere abbastanza sveglie o spiritualmente avanzate, o di essere serve del sistema.
      Arroccandosi dietro un’identità spirituale o un presunto stato di coscienza elevato, viene avanzata una campagna denigratoria e svilente nei confronti di chi sostiene una tesi diversa alla propria.
      Tutto è agito nel tentativo di non sentire disagio nei confronti di quello che sta accadendo a livello collettivo e di non assumersi la responsabilità personale nei confronti di esso. Non viene riconosciuto che proprio in quel turbamento è custodito il prossimo step di consapevolezza e che un aspetto importante della crescita interiore sta nel riconoscere l’interdipendenza reciproca. Una consapevolezza che generalmente si traduce in azioni concrete e in un coinvolgimento attivo con i temi sociali della propria collettività.

      Ecco! È quanto sta accadendo in questo delicato periodo: detenzione domiciliare per evitare contagi: corretto o no;
      Distanziamento sociale:corretto o no
      Uso mascherine:corretto o no
      Il mio conflitto si sta palesando.
      Cerco di divulgare informazioni che portino ad una lettura differente da quanto viene proposto come verità da TV e alcuni giornali.
      Ottengo insulti e chiusure di dialogo.
      Mi sembra di parlare con persone ipnotizzate e prive di un proprio ragionamento, perché “l’ha detto la TV”. Tendo quindi ad isolarmi e a cercare solo persone che la pensano come me… È una situazione che mi crea rabbia e impotenza

      1. Cara Valentina, comprendo bene il tuo vissuto. Penso che tutti in questa fase delicata siamo messi di fronte a una grande sfida: quella di integrare punti di vista differenti, spesso discordanti dal proprio, senza chiuderci e riconoscendo il punto di vista altrui. La grande divisione (polarizzazione) dei punti di vista tende a creare divisioni, fratture, segregazioni in fazioni e schieramenti. C’è una forza che agisce oltre questa divisione, sia a livello personale che collettivo. Il mio vissuto su questo aspetto è che se ci connettiamo a questa forza unificatrice possiamo viaggiare oltre questa divisione, e allora il vissuto diventa vettore di cambiamento vero. Altrimenti passeremo attraverso quest’esperienza e l’effetto sarà ancora di più “separativo”.
        Come farlo? dal mio punto di vista servono 3 passaggi:
        1) riconoscere la propria dinamica interiore (come hai scritto tu, la tendenza a isolarti e cercare persone che la pensano come te – che se osservi bene è una chiusura al dialogo, proprio quella che ti ferisce quando agita dagli altri)
        2) accogliere il punto di vista dell’altro (anche se diverso).
        Accogliere non vuol dire “sono d’accordo con te”… semplicemente prendo in me anche un altro punto di vista, esco dal mio “schema” e per un attimo mi metto dall’altra parte senza pregiudizio.
        3) riconoscere che, quando si parla di verità oggettive, non tutti i punti di vista sono equivalenti. Sembra filosofia ma è invece una questione molto concreta.
        Ognuno ha un punto di vista diverso sulla realtà, questo è legittimo e fa parte di come siamo fatti noi esseri umani.
        Ma non va confuso l’aspetto soggettivo con quello oggettivo.
        Mi spiego con un esempio: è legittimo esprimere un parere soggettivo di questo tipo > “per me il colore più bello è il blu”
        (esprime un punto di vista soggettivo. Tu potresti dire “il color più bello è il rosso”. Chi ha ragione? Tutti e due, sono due punti di vista soggettivi su una realtà soggettiva. Entrambi hanno diritto d’essere.)
        Non è così per la verità oggettiva: tu potresti dire “per me l’accelerazione di gravità sul pianeta terra è 5 metri al secondo quadrato.”
        Non è così, è un punto di vista soggettivo errato, perché se la misuri è 9,8. E la misura non cambia se tu hai un punto di vista diverso.
        Mentre un giudizio soggettivo “il colore più bello è il rosso” è legittimo perché si riferisce a una realtà soggettiva, un giudizio soggettivo del secondo tipo è sbagliato, e lo si può dire con forza, riconoscendo che la verità oggettiva non cambia in base alle tue opinioni.
        L’errore sta nel confondere le due verità oggettiva/soggettiva e credere che siano equivalenti. Non è così.
        Questa difficoltà attualmente è resa ancora più marcata dal fatto che ci stiamo confrontando con un oggetto (e una forza) invisibile all’occhio umano (un virus non può essere visto). Allora la verità oggettiva dal punto di vista personale diventa sfuggente, e facilmente lascia spazio ad un punto di vista soggettivo (non vedo il virus, quindi non esiste). A questo va sommata la conseguente fiducia che va posta in chi invece il virus lo vede e lo sta studiando (e qui si apre il tema della fiducia e della fiducia nelle istituzioni). Aggiungici anche la diffusione mirata di fake news e hai un quadro perfetto per il caos e la separazione.
        Riuscire ad andare oltre la divisione a mio avviso vuol dire riconoscere il punto di vista dell’altro ed elaborare il 3° passaggio senza essere “contro”, riconoscendo il valore della verità oggettiva. Non è semplice, lo comprendo bene, ma è la sfida del mostro tempo.
        Spero di averti dato con questa risposta spunti utili su cui riflettere.

  3. Grazie Agostino per aver tradotto in parole quello che, temo, sento da un po’. Dico temo perchè per me è un po’ difficile avere piena consapevolezza ma sono sicura del disagio che sento. Almeno adesso so di cosa potrebbe trattarsi. Più volte ho cercato di esprimere il mio disagio ma non l’ho fatto nel modo e con le persone adeguate. Vorrei andare oltre con tutta me stessa. Trovo molto interessante e utile il tuo lavoro. Lucia

    1. Grazie Lucia! Spero tu possa trovare delle persone che ti sappiano comprendere completamente in questo tuo disagio. La tua volontà di andare oltre deve trovare la strada per farlo, e questa passa sempre attraverso la relazione.

  4. Grazie per l’articolo, io che ho vissuto in una famiglia che per tutta la vita ha usato la religione (cattolica) come via di fuga, con mia madre in particolare che mi ha rifiutato proprio perché non volevo essere come lei, che in risposta a un mio problema di depressione che poi è sfociato in una dissociazione non hanno trovato di meglio che far dire messe per me oppure sottopormi a esorcismi esercitati da personaggi ( preti, stregoni ecc) ignoranti e in qualche caso violenti , finalmente nella tua esposizione del problema tante cose che avevo intuito hanno trovato forma e completamento. Io pratico la meditazione e attraverso essa ho cominciato a far fluire tutti i pensieri e le sensazioni, ho smesso di censurare quelli negativi, li lascio andare e respiro e finalmente comincio a gioire di me e degli altri. Grazie ancora.

    1. Zelda, sono io che ringrazio te per la tua toccante condivisione. Hai sperimentato sulla tua pelle quello che accade quando gli altri assumono un sistema di credenze completamente scollegato da un atteggiamento coerente nei confronti della vita e delle relazioni. Purtroppo nel tuo caso si è trattato di relazioni fondamentali, per cui la ferita che ti hanno inferto ha certamente provocato molto dolore. Sono lieto di leggere che hai trovato il coraggio di emanciparti e di cercare la tua indipendenza. Sciogliere il legame emotivo che ti teneva legata a loro ti permette (o ti permetterà) di vedere la situazione per quella che è, portando in modo naturale compassione sia a te che a loro, accettando i limiti e il dolore di quella fase della vostra vita. Ci vuole certamente coraggio e tempo per effettuare questo processo, e come sempre, l’aiuto degli altri si rivela fondamentale. Per aiuto intendo la possibilità di condividere il tuo vissuto con qualcuno che ti accoglie e ti comprende.
      Con immensa stima ti ringrazio di nuovo per il tuo commento. Sarà certamente di spunto per altri che hanno vissuto una situazione simile (molto più comune di quel che si pensi).

  5. Ciao mi chiamo Umberto è leggendo l’articolo mi ci sono ritrovato in pieno.Mi spiego io non ho mai praticato né corsi di meditazione né yoga né altro,ma essendo un tipo molto curioso e l’ho ammetto aimè sono tendente a prediligere la sfera spirituale della vita.ho avuto esperienze sopraffacenti come li chiami tu tipo a sperimentare la perdita dell’io, io lo chiamo carnale l’espansione della coscienza ecc.quindi non conoscendoli mi sono ritrovato a gestirli da “solo”.Quindi arrivo al punto.ti ringrazio perché sono arrivato ad un punto di conflitto massimo e attraverso lo scritto sto gettando una nuova luce di interpretazione sulla mia vita.la domanda che ti volevo porre è questa:è vero mi sono rifugiato in un mondo mio per difendere la mia” diversità”ma come si fa a vivere in modo concreto in un mondo dove il materialismo estremo vige a norma della relazione nella società?scusa la lungaggine,nell’attesa di un tuo consiglio ti saluto e ti ringrazio

    1. Ciao Umberto, grazie per la tua condivisione. Condivido con te la visione che nel mondo e nelle relazioni ancora c’è un forte materialismo che predomina. Ciò non toglie che esistono persone che sanno andare oltre e sanno costruire qualcosa di diverso, con valori e principi più alti. Per esperienza ti posso dire che sono molte di più di quello che appare in superficie. Sta a noi costruire con la nostra cerchia di relazioni. Il cambiamento (se avverrà), verrà dal basso, dalla singola relazione, verso l’alto, verso il mondo intero. Non siamo chiamati necessariamente a cambiare il mondo, ma a investire il nostro tempo e le nostre energie nel costruire le nostre relazioni. Questo è alla nostra portata, ed è l’unico modo (a mio avviso) di innescare il cambiamento globale che vogliamo ma che ancora appare lontano. Dunque, per rispondere nello specifico alla tua domanda, serve trovare delle relazioni che ti vedano e che ti accolgano nella tua “diversità”, e viceversa, in cui tu sei in grado di accogliere loro nella loro diversità. Il limite spesso sta nel non mostrarla a sufficienza. Il primo passo è proprio quello di superare il meccanismo di ritiro e mostrarsi, scegliendo a chi e come farlo.
      Spero di esserti stato utile con questa libera condivisione.

      1. Si hai proprio ragione.Grazie a te e tanti altri che si prodigano per il bene del singolo e si tutta la società attraverso la ricerca e la condivisione.cq credo di aver trovato le chiavi del lucchetto che mi tenevano incatenato e spero di contribuire ancora in modo più incisivo al cambiamento mio e di quanti altri.Se mi permetti attraverso il sito voglio testimoniare ad altri,di guardare alla sofferenza in generale non come un nemico da combattere(perche nella vita si soffre e quanto si soffre)ma come un “mezzo” per conoscerci ed evolvere.Grazie

  6. L’articolo è molto interessante, credo il più completo in italiano sul bypass spirituale che abbia mai letto. Sebbene anche io purtroppo abbia attraversato questa problematica, soprattutto all’inizio, sono riuscita dopo intenso lavoro a liberarmene, almeno del “grosso”, da sola, ma non è finita (o almeno credo), anche perché purtroppo nel mio percorso il modus operandi è largamente basato sulla pratica “devozionale” e quindi sul bypass spirituale: si è incentivati ad affidarsi ciecamente al Guru e a seguire le sue indicazioni il più possibile fedelmente, senza farsi troppe domande. Anche se il Dalai Lama ha più volte detto e ridetto che non bisogna fare così, ma che bisogna vagliare tutto in base a quella che è l’esperienza personale e il buonsenso, c’è chi persevera da ambo le parti (insegnamente e discepolo), il che non facilita affatto le cose, almeno a chi vorrebbe rendere la pratica effettiva ed integrata togliendosi da questo circolo vizioso.

    1. Agostino Famlonga

      Grazie per il tuo apprezzamento Silvia.
      La pratica devozionale non è necessariamente un bypass spirituale. Può diventarlo, come qualsiasi altro tipo di pratica, ma questo dipende da te e dalle persone con cui hai a che fare. Riconoscere la dinamica è il primo passo, e vedo che questo già lo sai fare.
      Rompere lo schema a volte è doloroso, si va incontro a resistenze (le tue e quelle dell’altro), ma ne vale sicuramente la pena. Ne va della tua emancipazione.

  7. Quanti spunti di riflessione e che ricchezza! Grazie per queste parole!
    Prendere consapevolezza e riconoscere il bypass spirituale credo permetta di riconoscere anche solo la sua presenza altalenante in molti schemi di rapporto col mondo….veramente interessante!!!

    1. Agostino Famlonga

      Grazie per l’apprezzamento Margila.
      Sì, davvero è uno schema presente ovunque nei circoli spirituali. Quando impari a riconoscerlo, lo trovi dappertutto.
      Io in primis ho attraversato alcune di queste fasi, per questo ho scritto consapevole dell’esperienza in prima persona.
      Il mio fine con questo articolo è quello di portare più consapevolezza a questa dinamica, e permettere a più persone possibile di liberarsene.

  8. Ciao Agostino, complimenti, gran bell’articolo, chiaro ed accessibile a tutti. Bravo. Mi trovo in un periodo particolare. Ho assaggiato per un anno e mezzo una gran pace interiore raggiunta con pratiche sciamaniche che mi hanno portato a raggiungere ottimo risultati sulla scalinata evolutiva, ho avuto il coraggio e la volontà di affrontare situazioni che gravavano sul mio essere e mi sono sentito per molto tempo leggero ed in pace. Da un po’ di mesi a questa parta, dopo il rientro da un mio viaggio in Perù, sono ricaduto in vecchi schemi che anche se ad oggi riconosco di riuscire a vederli come tali, poiché vi è una differente consapevolezza, non sono capace/non ho la forza/non ho la voglia, di superare. In passato ho sempre sofferto di pigrizia, il non agire e rimanere in una zona di comfort che seppur sofferente è “meglio del mettersi in gioco”, pensavo di aver superato questa fase ed invece ci sono anche peggio di prima… Tutto intorno appare privo di stimoli, poco interessante, le relazioni piatte… Non so, forse ho avuto una sorta di sovraccarico di informazioni ed avendo bruciato le tappe ho creato un corto circuito energetico… potrebbe darsi?
    Complimenti ancora.

    1. Marco, grazie per la tua condivisione, che penso tocchi un vissuto di molti lettori.
      Ci sono pratiche che offrono un contatto profondo con la dimensione soggettivamente assoluta, e come dici tu, danno una accelerata sulla scalinata evolutiva, nel senso che potrebbero la progressione negli stadi di coscienza.
      Ma la pratica deve essere integrale, cioè deve integrare tutte le altre dimensioni, altrimenti stai prendendo una via di fuga che prima o poi ti presenta il conto. Detto in parole povere, non puoi lasciare indietro la vita e soprattutto le relazioni. Sono fondamentali e vanno incluse nella pratica.
      L’evoluzione interiore deve riflettersi nell’elevare in modo intenzionale e consapevole tutta l’esistenza.
      Una grande scoperta recente nel campo della crescita interiore è proprio quella di aver compreso che le dimensioni esistenziali sono equivalenti, e come tali vanno trattare. Cioè vanno integrate intenzionalmente nella propria pratica di consapevolezza.
      A tal proposito ti invito a leggere questi 2 articoli: I 5 pilastri della pratica
      La consapevolezza multidimensionale per la realizzazione dell’unità
      Tornando alla tua domanda, che fare? Come vedi i vecchi schemi si ripresentano, per quanto tu possa esplorare in profondità la dimensione della consapevolezza. Questi schemi vanno conosciuti e puliti con tecniche apposite. Per questo aspetto ti consiglio senza remore il percorso Mente Funzionale del Centro Studi Podresca, che ha proprio lo scopo di pulire tutti questi automatismi limitanti inconsapevoli.
      L’invito è quello di pulire la mente e di coinvolgerti attivamente e totalmente nella tua vita e nelle relazioni. Ora forse questa motivazione non ti appare, ma ti garantisco che diventa del tutto naturale quando pulisci gli automatismi mentali reattivi e quando ti radichi nel tuo centro di auto-coscienza.
      Spero di avere risposto alla tua domanda. Se hai altro da chiedere… sono qui, per condividere la mia esperienza e per confrontarmi con te e con chi legge.

      1. Ciao Agostino, scusa il ritardo con il quale mi ripropongo innanzitutto per ringraziarti della tua esaustiva ed interessante risposta, ma preferisco essere presente quando rispondo piuttosto che indaffarato/distratto e rispondere col “mentale”, per rimanere in tema. Non conoscevo di questo percorso e questa metodologia che mi suggerisci. Ho già contattato via email e mi auguro di poter avere maggiori informazioni in merito che mi facciano “sentire” che possa essere una buona soluzione/strada per risolvere le tematiche che accennavamo nei precedenti commenti. Capisco perfettamente le meccaniche dentro le quali mi sono imbattuto, si può dire di averle letteralmente “viste” e so come funzionano e da ch//cosa vengono generate, ma da qui a dire che una volta conosciuto il meccanismo si ha la conoscenza per smontare l’apparato, no, non è affatto così. La consapevolezza mi ha mostrato come funziono e cosa potrei arrivare a fare, ma è stato, ed è, un cadere in picchiata dopo aver toccato il sole (un po’ la storia di Icaro) perché non ero preparato al calore. Sono assolutamente d’accordo sul fatto che bisogna coltivare la pratica per il radicamento quando si fanno certi lavori di evoluzione spirituale/interiore, altrimenti il rischio è di “andarsene” per poi in maniera effimera non ritrovarsi nulla quando la “magia” svanisce, ed il dolore è più lacerante perché si è capito cosa e dove si è “sbagliato”. Va beh, mi sono perso nelle mie solite elucubrazioni mentali, in realtà volevo semplicemente ringraziarti per la risposta e lo spunto di soluzione che mi hai suggerito. Se conosci altre pratiche che possano aiutarmi nel quotidiano, ben vengano suggerimenti e consigli. Grazie mille e buona giornata.
        Marco

  9. Grazie per l’articolo, mi offre interessanti spunti di riflessione e meditazione.
    Lascio che le parole lette entrino in profondità e lentamente agiscano.

    1. Agostino Famlonga

      Grazie molte Fulvia, mi auguro che agiscano nel profondo e che portino a nuove consapevolezze.
      Un abbraccio.

  10. Grazie…assolutamente Sì , ho agito e agisco tutt’ora soprattutto una di queste dinamiche. Trovare la strada per superare il limite …è sicuramente un bella sfida…ma sono quì per giocare….

    1. Grazie Gina per la tua condivisione! Mi piace il tuo “non sono qui per giocare”… segno di determinazione nel vedere determinate dinamiche e a librarsene, verso un grado di libertà e di emancipazione sempre maggiore.

  11. Credo sia semplicemente un punto di vista ben descritto e ricco di sfaccettature a sfondo psicologico. Tuttavia dissento per esperienza diretta: la semplice pratica dell’ “Isha Kirya”, per esempio, è stata capace di dissolvere una cefalea ricorrente causata da un malessere psicologico (di cui ben consapevole) che ha preceduto per anni e anni una specifica prestazione lavorativa. Ebbene, il cosiddetto “distacco del corpo spirituale” e inteso come “lasciare uno spazio sufficente ” tra l’identità profonda del sè e i vari surrogati mentali (poichè proiezioni di sofferenza inconscia) mi ha fatto dono di limpidezza mentale e discernimento, direi quasi immediato, nelle consuete difficoltà quotidiane. Tengo a precisare che tale pratica non è esente da ostacoli e sofferenza, ma i benefici prodotti mi sono MOLTO UTILI. In sostanza 10 minuti al giorno per sentire (ed è una bella sensazione) che “la nota di fondo” risulta, costantemente, la consapevolezza di pace e silenzio, che raramente (almeno per quanto mi riguarda) ci accompagano durante la vita.

  12. grazie Agostino , articolo molto ben scritto, limpido e lineare.
    un prezioso aiuto per chi vuole intraprendere un percorso di conoscenza.
    grazie grazie grazie

  13. Stupendo articolo. Sono meditante da 5 anni, sentivo di essermi cacciato in qualcosa del genere da un po’ di tempo a questa parte, ma solo leggendo il tuo articolo ho capito esattamente dove mi trovavo, rispecchiandomi in quasi ogni parola. C’è un recapito per contattarti? Grazie

    1. Grazie Alberto per queste parole, riflettono esattamente il mio intento, quello di portare in luce i vari aspetti di questa tematica affinché il lettore possa leggersi e prendere coscienza di dove si trova.
      I miei contatti, email e telefono li trovi qui:
      Contatti

  14. Caro Agostino questo articolo mi ha arricchito molto e voglio ricambiare.
    Come prevenire o curare qualsiasi tipo di bypass?
    Tutti i tipi di disagio sono causati dalle difficoltà che si incontrano ad ogni inizio attività e si aggravano a causa del non uso, del non praticare, del non continuare o isolarsi cambiando attività.
    Il ricorso al bypass, cioè a un’altra attività apparentemente meno disagevole, non risolve le difficoltà perché i disagi originari non scompaiono, ma si aggravano quando si devono affrontare per forza.

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