Prima di parlare di traumi, blocchi energetici e respirazione dobbiamo comprendere i meccanismi che stanno alla base di questi processi. Dobbiamo comprendere innanzitutto il nostro modo di reagire alle minacce o ai potenziali pericoli, e in generale alle richieste stressanti della vita.
L’essere umano si è evoluto in milioni di anni con un meccanismo molto basilare, che tutt’ora è attivo in noi e condiviso con gli altri esseri viventi: la risposta allo stress e alle minacce.

La risposta segue un ciclo, apparentemente molto semplice, che ha lo scopo di mantenere un equilibrio interiore, e di tornare sempre a questa condizione di partenza (il termine omeostasi indica proprio questa caratteristica che contraddistingue gli esseri viventi).

Partendo da una condizione di equilibrio, quando si incontra un potenziale pericolo, si attiva una risposta, che può prendere tre strade. Osserviamo ora le prime due possibili vie, la risposta di attacco e fuga.

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Attacco o fuga
La risposta di attacco e fuga è una mobilitazione dell’organismo per rispondere al pericolo, per spostarsi in una ambiente sicuro o per mettersi in sicurezza, contrastando direttamente la minaccia oppure ritirandosi da essa (da qui il termine attacco-fuga)

Questa risposta viene messa in moto attivando quella parte del Sistema Nervoso Autonomo che rilascia i cosiddetti ormoni dello stress, e in generale provoca un aumento dell’energia vitale disponibile proprio per dare una risposta che ripristina la sicurezza e un equilibrio.

Infatti, raggiunta la zona percepita come sicura (sconfiggendo la minaccia o allontanandosi dal pericolo) ecco che si ripristina l’equilibrio iniziale.

L’energia prodotta viene dissipata e consumata proprio nel mettere in atto la risposta. Gli ormoni dello stress e l’energia in eccesso “escono dal sistema”, e questo lo sottolineo perché è l’aspetto che ci interessa.

Ora vediamo una terza risposta che può venire messa in atto nel tentativo di rispondere ad uno stimolo che provoca un disequilibrio (ovvero una minaccia percepita): la risposta di congelamento (freezing).
Congelamento
A volte, di fronte ad una minaccia, il sistema nervoso reagisce immobilizzandosi, con una paralisi e “congelamento“.

Quando lo stimolo è troppo minaccioso o sopraffacente non è utile rispondere con un attacco, né con una fuga. La strategia più funzionale è quella di restare immobili e paralizzati, congelati, sperando che la minaccia passi.
Questa chiaramente è una risposta automatica, messa in moto autonomamente, programmata in noi da milioni di anni di evoluzione.
Il termine “congelamento” deriva dal fatto che quando si innesca questa risposta l’energia vitale viene bloccata nel suo fluire, e questo genera una sensazione di “freddo”.
Quando l’energia vitale fluisce nel corpo genera calore organico. Quando viene bloccata si impedisce la produzione di questo calore, di conseguenza si genera la sensazione interiore di freddo, localizzata nell’area fisica in cui avviene il congelamento, e pervasiva se si tratta di un blocco generalizzato.
Condividiamo con gli altri animali questo meccanismo di sopravvivenza, questa terza possibile risposta agli stimoli stressanti, con una differenza sostanziale: noi umani abbiamo dimenticato la capacità spontanea di ripristinare l’equilibrio iniziale. Tendiamo a inibire il rilascio dell’energia congelata e degli ormoni dello stress rilasciati nella fase di congelamento.


Normalmente, quando la minaccia è passata e si è tornati in una zona sicura, il sistema nervoso mette in atto dei processi di scarica, in cui scongela l’energia vitale, la sblocca, e rilascia dal sistema tutti gli ormoni prodotti e trattenuti. In questo modo si ripristina l’equilibrio iniziale.

Noi umani tendiamo a inibire questo rilascio. Con lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori infatti abbiamo sviluppato anche la capacità di bloccare questo processo naturale di ripristino dell’omeostasi.
Il rilascio naturale del trauma
Ti invito a guardare questo video incredibile che ti mostra questi processi all’opera.
Nel video vedi un leopardo che ha catturato un impala e che lo tiene fermo addirittura mordendogli il collo, pronto a mangiarlo.
L’impala sembra morto, ma attenzione, è tutt’altro che morto, ha messo in moto la risposta di congelamento, portata al suo estremo, in una perdita di conoscenza.
Non può attaccare il leopardo, è una partita persa in partenza, così come non può scappare. La risposta più funzionale è quella di bloccare tutto, in questo caso estremo “spegnere tutto”, e sperare in un miracolo.
E nel nostro caso l’impala è fortunato, perché arrivano dei babbuini che scacciano il leopardo, salvando l’impala dalla morte certa.
Se osservi l’impala steso a terra dopo che il leopardo se ne è andato, sembra morto.
In realtà è vivo, è semplicemente in condizione di shock, con il respiro sospeso. Se osservi ecco che ti accorgerai che quando il pericolo è passato si rimette in moto la respirazione, con un bel respiro circolare.
Poi l’impala si mette seduto e rilascia le tensioni e l’energia vitale che aveva bloccato nel corpo durante lo shock, e lo fa con quelli che sono chiamati tremori neurogeni.
Quando ha rilasciato quello che doveva scaricare ecco che si alza in piedi e prosegue la sua giornata nella savana.
Inibire il rilascio
Noi umani condividiamo gli stessi meccanismi basilari di sopravvivenza, ma tendiamo a inibire il rilascio delle tensioni che permetterebbe di ripristinare l’equilibrio iniziale, lo blocchiamo.

Lo blocchiamo tramite un meccanismo difensivo molto semplice: mettiamo in moto delle resistenze interiori nei confronti di quel particolare vissuto. Resistendolo creiamo una barriera psicologica protettiva, che evita di vivere determinati vissuti ritenuti troppo intensi o spiacevoli, ma all’atto pratico stiamo mantenendo tutto “sospeso” e congelato.

Qual è la conseguenza? Non sciogliendo il blocco non rilasciamo mai l’energia in eccesso, le tensioni croniche e gli ormoni dello stress restano in circolo, e viaggiamo in costante disequilibrio.

Questa è una condizione di stress cronico, che se non viene trattata, nel tempo si manifesta con somatizzazioni di vario tipo e con un esaurirsi delle risorse psicofisiche.

Minacce invisibili
Tendiamo a innescare questo ciclo e la risposta di congelamento con una frequenza molto più alta di ciò che si crede.
Accade perché per l’uomo moderno le minacce e i pericoli percepiti sono minacce più sottili. Non abbiamo paura che un leone ci mangi vivi, ma è più facile sentire la paura per non riuscire a pagare il mutuo, o il pericolo di una macchina che ci taglia la strada mentre guidiamo, o la paura della fine di una relazione, la paura di non riuscire a concludere il lavoro in tempo…
Tutte queste minacce percepite creano un disequilibrio che innesca una risposta, e spesso questa risposta è proprio quella di congelamento. È difficile dare una risposta concreta a questi pericoli non concreti, per questo risulta più facile inibire e congelare tutto.
Oltre ad innescare spesso questo ciclo, tendiamo appunto ad inibire la capacità di scarica e di rilascio dell’energia in eccesso.
Addirittura, molti nemmeno concepiscono che questo può essere fatto, al punto che la condizione si cronicizza, diventa la condizione standard.
Stress cronico
La condizione stessa di disequilibrio nel tempo viene percepita come una minaccia costante che va ad attivare una condizione di ipervigilanza, come se si fosse costantemente in pericolo.

Questo alimenta a catena un tentativo di risposta con una escalation e un aggravarsi di tutto quello che abbiamo appena visto.

Una condizione di stress cronico che genera ancora più stress, fino ad arrivare a un vero e proprio burnout, ovvero esaurimento delle risorse psicofisiche.
Dobbiamo comprendere ora come uscire da questo circolo.
Il primo passo è quello di comprenderne il meccanismo, e il secondo è ripristinare la capacità di rilasciare le tensioni scongelando ciò che si è bloccato.
Per approfondire Lo stress

I blocchi
Portiamo l’attenzione alla condizione di congelamento e di blocco.
Questa si manifesta con 4 caratteristiche principali:

- il blocco del respiro
- il blocco dell’energia vitale
- l’irrigidimento muscolare
- la conseguente sospensione delle impressioni legate a quell’evento.
Cosa significa il 4° punto? Fintanto che non si scongela il blocco, l’evento che l’ha generato resta sospeso e non integrato nella coscienza, resta sospeso in quello che viene definito l’inconscio rimosso.
La condizione di shock e di congelamento mantiene l’esperienza “sospesa”, ovvero non elaborata. Ricorda che tutto ciò che resta in questo stato si manifesta sotto forma di condizionamento.
Per approfondire I 6 processi dell’inconscio
Per approfondire Le emozioni e l’ombra
Sciogliere i blocchi
Come ripristinare l’equilibrio iniziale? Imparando a rilasciare l’energia trattenuta.
Proprio perché il congelamento è tenuto in piedi da una sospensione e da un blocco del respiro, il modo per scioglierlo è quello di liberare il respiro e ripristinarne la sua circolarità.
Proprio come ha fatto l’impala nel video visto sopra, con una respirazione circolare si può sciogliere il blocco e mettere in moto un profondo rilascio delle tensioni accumulate e rilasciare gli ormoni dello stress, ripristinando una condizione di equilibrio e uscendo fuori dal circolo vizioso dello stress cronico.

Un blocco scongelato tramite lo sblocco del respiro permette di liberare l’energia vitale che era trattenuta, di sciogliere le tensioni muscolari e di elaborare l’esperienza vissuta che inizialmente aveva generato la risposta di congelamento: resta il ricordo dell’evento ma si scioglie il suo condizionamento.
Questo è il modo per ripristinare una condizione di benessere profondo su tutti i piani: fisico, emotivo e mentale.
Per approfondire Salute e benessere con la respirazione
Per agire Il Respiro Circolare

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La somma di piccoli blocchi
Leggendo questo articolo potresti aver pensato che non hai avuto nella tua vita chissà quali traumi o blocchi da elaborare. Questa certamente è una condizione che ti auguro di cuore. Eppure, per mia esperienza, è raro trovare persone che non manifestino queste dinamiche in qualche forma.
Il blocco del respiro e il congelamento dell’energia vitale è davvero una risposta molto comune che può attivarsi anche come somma di piccoli eventi, che singolarmente apparentemente non hanno rilevanza, ma sommandoli tra loro creano un blocco.
La domanda da porsi è molto semplice: il tuo respiro è libero?
Hai una respirazione libera, piena, completa, connessa… oppure senti che spesso sospendi il respiro andando in apnea, che non riesci a respirare profondamente e hai una respirazione contratta e limitata?
Se il respiro non è libero vuol dire che è condizionato e che in qualche modo è stato messo in moto un blocco e un congelamento dell’energia vitale.
Liberare il respiro
Per liberare il respiro e l’energia vitale ti invito ad apprendere la tecnica del Respiro Circolare da un professionista che te la può insegnare, partecipando a un corso, o un workshop o con un percorso individuale.
Sul sito trovi molti approfondimenti sul Respiro Circolare e anche le date dei prossimi incontri e i miei contatti per un percorso individuale.
Se hai domande o osservazioni in merito a questi argomenti, ti ricordo che puoi usare i commenti qui sotto l’articolo.

4 commenti su “Traumi, respirazione e stress cronico”
Grazie Agostino, ho seguito il video, mi è servito per dare una cornice ad alcuni pensieri e sensazioni, ottenendo come risultato un po’ di chiarezza e una consapevolezza in più.
Grazie Donata! Sono sempre grato di essere utile!
Ciao, Agostino; mi è ben nota la problematica da te descritta; io soffro di PTSD Complesso, una vera tragedia somato/psichica; sono esperto di Respiro Circolare, Vivation nello specifico, appresa da un professionista; niente da fare… il Respiro circolare, eseguito ormai da un anno, nn riesce a sbloccare il sistema, che rimane bloccato nella risposta da stress post traumatico che mi rende la vita impossibile… Vi è da rimarcare che, l’evento traumatico, si è verificato quando avevo 13 anni; fino ai 50anni è stato rimosso e inibito, consentendomi di vivere; 20anni anni fa, a seguito della scomparsa di mia sorella, quelle memorie traumatiche sono riemerse, e, da allora, nulla è servito per elaborarle… nemmeno il Respiro circolare, purtroppo…
Ciao Luigi, grazie del tuo messaggio e della tua condivisione. Una premessa alla risposta: conosco Vivation solo per letture, e non per pratica diretta. Da quello che scrive Jim Leonard nei suoi libri, sottolinea in più parti di non confondere il Vivation con il rebirthing (e aggiungo io, con il Respiro Circolare). Specifico questo semplicemente per dirti che esistono tante varianti di respiro circolare, e quindi non è detto che quella che hai praticato tu sia la più adatta all’integrazione del trauma che hai vissuto. Sarei davvero curioso di accompagnarti in un percorso di Respiro Circolare e sperimentare cosa accade al tuo PSTD.
Ciò detto, oltre al RC ci sono altre vie di integrazione di questi eventi, come l’EMDR per esempio, o pratiche come la Somatic Experience di Levine, il metodo T.R.E., l’esperienza di imprinting di Daniela Frignani. Queste sono tutte pratiche profonde che conosco e che mi sento di raccomandarti per proseguire nel tuo cammino di integrazione.
Agostino