Essere consapevole ha due significati: significa sia sviluppare la straordinaria dote della presenza consapevole che anche conoscere sé stessi. Uno è il pre-requisito dell’altro: senza la capacità di essere presenti a sé stessi, non possiamo dire di conoscere veramente chi siamo.
Queste due funzioni si combinano e si rinforzano reciprocamente. Vediamole una alla volta e poi capiamo come si intersecano tra di loro.
Presenza consapevole
Essere presente significa tenere l’attenzione su di sé.
Semplificando possiamo dire che l’attenzione ha due direzioni: può essere rivolta verso l’esterno o verso l’interno.
Puoi tenere l’attenzione su un oggetto che vedi, che senti, che percepisci tramite la percezione dei tuoi sensi.

Oppure puoi tenere l’attenzione su Chi percepisce.
In ogni atto di percezione c’è un oggetto che viene percepito e un soggetto che percepisce.
Essere presenti significa discriminare questi due poli e tenere parte dell’attenzione su di di sé: su chi sente, chi vede, chi percepisce, su chi sei tu.

Puoi tenere il palmo della mano rivolto di fronte oppure voltato verso di te, queste sono due posizioni diverse della mano. Allo stesso modo puoi invertire il flusso dell’attenzione da fuori a dentro.
Da un oggetto su cui hai posato l’attenzione verso di te.
L’attenzione può posarsi su un oggetto fisico, una sedia come ho raffigurato nell’immagine che vedi sopra; oppure su un’emozione, su un pensiero, su una sensazione del tuo corpo.
Il principio non cambia: in ogni atto di percezione di “qualcosa” c’è la possibilità di discriminare il soggetto che percepisce dall’oggetto percepito.
Questa capacità di essere presenti può essere qualcosa che accade in modo naturale: spontaneamente parte dell’attenzione viene tenuta su di sé.
Ma non è così per tutti. Molti conoscono solo una direzione dell’attenzione, quella estroflessa (rivolta verso l’esterno) e hanno bisogno di sviluppare la capacità di invertire il flusso dell’attenzione su loro stessi.
Anche chi possiede questa elasticità dell’attenzione e ha la “scintilla della presenza accesa” può aumentare questa capacità: puoi aumentare la durata, l’intensità, la purezza dell’attenzione su di te.
Nell’esplorare la tua interiorità c’è un’enorme differenza tra l’avere in mano una candela, una torcia o un faro da stadio. Cambia la portata di quello che puoi vedere e riconoscere di te.
E qui entriamo nel territorio del secondo significato di “essere consapevole”, cioè conoscere sé stessi.

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Conoscere sé stessi
La presenza consapevole ci permette di osservare e di sentire ciò che si muove dentro di noi, di riconoscere gli automatismi, gli schemi di comportamento condizionato e di interromperli, di accogliere le emozioni, di portare ordine e armonia tra i nostri bisogni e desideri e di riconoscere i nostri fini esistenziali.
Abbiamo bisogno di portare la luce della consapevolezza su tutte queste nostre spinte interiori: di riconoscerle, di accoglierle e di integrare tutto questo in un insieme armonico.
L’aspetto straordinario di questo passaggio è che più portiamo consapevolezza sulla nostra interiorità, svelando ciò che è vero e ciò che è falso, più ci radichiamo nella verità di noi stessi, più si accende la capacità di essere presenti.
Queste due azioni interiori si rinforzano reciprocamente. Essere presenti è il pre-requisito per conoscere sé stessi e più conosci te stesso più sei presente in modo “naturale”, spontaneo.
L’ordine interiore libera energia vitale e quest’energia liberata si trasforma in presenza consapevole.
Perché accade? Perché la conoscenza di sé stessi libera energia vitale?

Disordine interiore
Immagina di muoverti al buio in una stanza disordinata, piena di oggetti sparpagliati in modo caotico. Nel momento in cui vuoi andare da una parte ad un’altra della stanza ti trovi a dover spostare ciò che ostacola il tuo percorso, a scavalcare o aggirare qualcosa che non riesci a spostare, a inciampare in qualche oggetto di cui nemmeno sapevi l’esistenza.
Il disordine impedisce il flusso lineare da un punto all’altro della stanza.
La medesima dinamica si manifesta a livello interiore.
Quando una persona non conosce sé stessa “abita” una stanza buia disordinata e caotica, piena di oggetti sconosciuti e spesso ingombranti, che le impediscono di allineare intenzioni, pensieri e azioni.
L’inconsapevolezza genera incoerenza proprio per questo motivo. La persona pensa A e agisce in modo in modo opposto B. Vuole andare da un punto all’altro della stanza ma inciampa su qualcosa che non conosce e si trova dalla parte opposta senza averlo inizialmente voluto.
Oltre a deviare le proprie intenzioni, il disordine interiore spreca energia. Invece di agire con coerenza e con il minimo sforzo necessario, la persona si trova a sprecare un mare di energia nel gestire le spinte interiori discordanti e gli ostacoli e le resistenze che incontra.

Consapevolezza e integrazione
Conoscere sé stessi significa accendere la luce della stanza, osservare quello che c’è e creare ordine. Significa lasciare andare quello che non serve più e tenere quello che è vero, utile e funzionale.
Più la luce della consapevolezza è forte, più posso vedere con chiarezza ciò che c’è nella stanza, anche negli angoli più bui. È il processo dell’integrazione della coscienza che mette in ordine ciò che c’è dentro di noi.
L’integrazione è il collegamento di elementi differenziati in un insieme coeso.
La capacità di essere presente permette di differenziare ciò che c’è nella stanza. Conoscere sé stessi significa mettere ordine, unendo e collegando ciò che c’è nella stanza nel creare un insieme coerente e funzionale.
Per approfondire » Il processo integrativo della coscienza
L’effetto di una stanza ordinata è duplice:
- Puoi spostarti da un punto A ad un punto B in modo lineare, fluido, senza ostacoli.
- Usando il minimo di energia necessaria.
Questo è l’effetto straordinario che ha la conoscenza di sé stessi: la capacità di allineare intenzioni-pensieri-azioni in un movimento fluido e che impiega la minima energia necessaria al risultato.

Conoscenza diretta di sé
Ma la conoscenza di sé stessi va anche oltre questo: può culminare con la conoscenza diretta dell’essere che sei.
Non dimentichiamoci che la consapevolezza non è qualcosa che hai, è ciò che sei.
Non hai la consapevolezza, ma tu SEI un individuo consapevole. Quindi essere consapevole significa radicarsi nell’essere, semplicemente essere.

La conoscenza diretta di sé integra la divisione tra soggetto che percepisce e oggetto che viene percepito. Appare la condizione di unione sottostante: un monopolo di coscienza indifferenziata.
Questa esperienza dona un senso profondo di completezza esistenziale perché va a rinsaldare il senso di separazione, quella spaccatura fondamentale che fa sentire separati da sé stessi e dalla vita.
La conoscenza di sé passa attraverso l’integrazione dei significati ma culmina in ciò che sta oltre ogni significato: l’essere. E questa conoscenza apre le porte a un’infinità di scoperte esistenziali.
Questo è lo scopo della ricerca interiore: essere consapevole, conoscere sé stessi e conoscere direttamente le verità essenziali su chi sei tu, su che cos’è la vita e sull’altro essere umano.
Per approfondire » Intensivo sull’Essere Consapevole