In questo articolo affronteremo un tema importantissimo: la tua completezza.
Lo faremo con una intenzione chiara: delineare una strada verso una completezza esistenziale duratura.
Definire un punto di arrivo e comprendere come arrivarci è un grande vantaggio perché permette di non perdersi per strada.
Questa è una dichiarazione di intenti importante, a cui va aggiunta una precisazione altrettanto significativa: conoscere un punto di arrivo e individuare una strada che ti conduce lì non è sufficiente.
Serve intraprendere il cammino.
Un saggio disse che “un grammo di pratica vale di più di una tonnellata di teoria.”
Sono completamente d’accordo con questa affermazione.
In questo caso la comprensione vuole essere da stimolo ad affrontare in prima persona il cammino. A capire determinati principi e a tradurli poi in esperienza vissuta sulla tua pelle.
Solo allora la conoscenza potrà diventare vera conoscenza.
Consapevoli di tutte queste premesse, iniziamo!

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L’incompletezza
Per parlare della completezza esistenziale, è corretto partire descrivendo l’incompletezza. Si tratta di una condizione nota, di un punto di partenza comune.
L’incompletezza è un senso interiore muto che emana questo sentire: non vai bene così come sei.
La sua controparte attiva è una spinta ad esser diversi da come si è. Sentendo di non andare bene così come sei, c’è una spinta a “rimediare”, a fare qualcosa per compensare questo sentire di essere mancanti di qualcosa.
Queste due parti non sono separabili tra di loro: sono una il rovescio della medaglia dell’altra.
Tanto più il sentire di non andare bene così come sei è forte, tanto più è attiva e forte la spinta compensatrice a fare qualcosa per essere diverso da ciò che sei.
Da dove deriva questo senso muto di incompletezza?
Dal sentire di essere separarti da sé stessi.

La separazione
Cosa significa sentirsi separati da sé stessi?
Significa che quando cerchi di portare l’attenzione su di te, invece di avere una percezione unitaria del tuo esserci, percepisci un velo che ti preclude questo esperienza. Un velo di separazione, che ti fa sentire di non potere accedere completamente alla tua piena consapevolezza nel momento presente.
Accade quando l’attenzione non ha accesso immediato a tutta l’informazione a sua disposizione.
Per cui, non potendo l’attenzione appoggiarsi in modo completo su di sé (non possedendolo integralmente), quello che emerge il sentire di essere separati da sé stessi.
Questa condizione è ordinaria, alquanto comune.
Tanto comune da essere considerata per molti l’unico modo di stare nella vita.
In realtà la separazione da sé stessi è frutto di una serie di fenomeni psicologici conosciuti che divide l’informazione in una parte accessibile alla consapevolezza e una parte apparentemente inaccessibile.
Fenomeni psicologici che sono sì ordinari, ma non dovrebbero essere considerati come l’unico modo di stare al mondo.
Dovremmo concepire uno stare nella vita in modo integro, completo, non separato. Questa condizione dovrebbe essere la nostra condizione ordinaria, non il suo opposto.
Questo è dunque il punto di partenza su cui costruire il nostro percorso verso la completezza: il sentirsi frammentati, separati da parti di noi stessi che non possediamo completamente, e quindi, incompleti.
Se vuoi approfondire questi aspetti:
- I 6 tipi di inconscio
- Guarire la frammentazione del sé
- Nel labirinto della mente di Silvano Brunelli
Il corpo e la mente
Muoviamo il primo passo riconoscendo questo binomio: il corpo e la mente.

[ Per adesso mettiamo assieme alla mente anche le emozioni. Lo facciamo per semplificare il discorso, poi approfondiremo meglio. ]
Questo binomio è conosciuto da tutti e riconosciuto universalmente, sebbene con diverse interpretazioni al riguardo.
La prima cosa su cui porre l’attenzione è il fatto che, seppur distinguibili tra di loro, i due poli “corpo” e “mente” si trovano lungo un continuum.
Non si sa bene dove inizi uno e dove finisca l’altro.
Alcuni autori l’hanno definita “mente incorporata”, cioè radicata biologicamente nel corpo: una mente in stretta connessione con la biologia.
Per approfondire: L’errore di Cartesio – Damasio
Queste due componenti del tuo stare nel mondo sono dunque strettamente interconnesse tra di loro, e hanno la capacità di influenzarsi reciprocamente.
Quello che accade a livello fisico influenza tuo stato mentale ed emozionale.
Un esempio: se bevi 5 caffè il tuo stato mentale/emotivo verrà in qualche modo alterato da questo.
Quello che accade a livello mentale influenza ciò che accade a livello fisico.
Ad esempio: se percepisci di essere in una condizione di pericolo il tuo corpo si mette in allerta, aumenta il tuo battito cardiaco e tutto si predispone a reagire al pericolo (che questo sia reale o meno).
La consapevolezza
Inseriamo ora nel nostro discorso la consapevolezza.
Innanzitutto: che cos’è la consapevolezza?
Consapevolezza è “sapere di sapere”.
Quando sei consapevole di qualcosa, sai di saperlo.
Facciamo un esempio: sei consapevole del colore del tuo divano.
Non solo lo conosci, ma sai di conoscerlo, ne sei consapevole.
Quel “sapere di conoscerlo” significa esserne consapevole.
Questo semplice esempio ci dice pone di fronte al fatto che conosciamo tante cose… ma non tutto ciò che conosciamo è consapevole.
Qual è l’elemento che permette a ciò che conosciamo di divenire consapevole?
L’attenzione.
L’attenzione è l’elemento che rende un’informazione accessibile alla consapevolezza.
Appoggiando la tua attenzione su un oggetto, su un’emozione, su un pensiero ecc… ne divieni consapevole. Lo vediamo meglio dopo, per ora restiamo con questo principio.
Per approfondire: Consapevolezza
La consapevolezza di sé
Abbiamo usato un esempio semplice, la consapevolezza del colore del tuo divano, cioè la consapevolezza riferito qualcosa di specifico e definito.
Abbiamo compreso che l’attenzione è quella abilità umana che ti permette di rendere un’informazione consapevole.
Facciamo un altro passo: cosa accade se vuoi divenire più consapevole di te stesso?
Non vuoi conoscere di più il colore del divano, ma vuoi conoscere di più te stesso.
Il principio è lo stesso, ma spesso nel fare questo passaggio si incontrano più difficoltà rispetto a prima. È sempre il medesimo “sapere di sapere”, ma appare più sfuggente, meno definito.
Serve andare alla radice: che cos’è la consapevolezza di sé?
La consapevolezza di sé è conoscere sé stessi.
È sapere chi si è.
Passa anche attraverso dei significati che tu dai al tuo essere al mondo, ad esempio “io sono padre, io sono un italiano, io sono onesto… ecc”, ma a livello fondamentale è ciò che resta quando tutti i significati sono stati conosciuti.
È un sapere di essere, neutro, privo di interpretazione.
La consapevolezza sta prima di ogni significato. O quello che resta dopo che hai lasciato andare ogni significato.
La consapevolezza è un sapere di essere, pre-verbale, che sta prima di ogni significato.
Muto, silenzioso.
È semplicemente sapere che ci sei.
Tu esisti: sei. Questo è auto-evidente.
E non solo sei… ma sai di essere.
Tanto quanto tu riesci a mantenere l’attenzione su di te, tanto tu aumenti il tuo sapere di essere, la consapevolezza che tu hai di te stesso.
Questo non è scontato né auto-evidente.
L’abilità di essere consapevoli dipende da diversi fattori.
Il primo fra tutti è l’attenzione, che come abbiamo visto è la porta di accesso alla consapevolezza. Tanto più tu sei in grado di mantenere l’attenzione con intensità, durata e purezza su di te, tanto tu puoi divenire consapevole.
Il secondo fattore che limita la consapevolezza è la separazione, così come l’abbiamo vista ad inizio articolo.
Rispetto alla separazione possiamo definire questi principi:
- Tanto più ampia è la parte separata e frammentata di te stesso che senti di non possedere, tanto più sarà impedita la tua capacità di conoscerti in modo integrale.
- Tanto più forte è la somma del dolore e della paura delle esperienze che non sono state integrate, tanto più forte sarà la barriera che ti tiene separato dalla piena consapevolezza di te stesso.
- Tanto più ampia e resistita è l’informazione inaccessibile alla consapevolezza, tanto più l’integrità della consapevolezza è messa in ombra, e tanto più forte è il senso di incompletezza esistenziale che abbiamo visto all’inizio, e tanto più forte sarà la spinta compensatrice a cercare di colmare questa incompletezza.
Il corpo, la mente… e la consapevolezza di sé
Ora sommiamo la consapevolezza e le sue proprietà al binomio corpo-mente-emozioni che abbiamo visto prima.
Appare evidente che…
la natura dell’Individuo Consapevole è diversa, per proprietà e funzioni, rispetto al corpo e rispetto alla mente.
Qualcuno associa erroneamente la consapevolezza alla mente, credendo che siano la stessa cosa.
Questo accade quando l’individuo non ha discriminato a sufficienza sé stesso rispetto al suo corpo e rispetto alla sua mente ed emozioni.
Graficamente possiamo rappresentarlo in questo modo, in una figura triangolare.

Una cosa importante da notare è che è un triangolo equilatero. Le tre dimensioni sono equivalenti, cioè hanno pari valore tra di loro.
Equivalenti non significa uguali, infatti ogni dimensione ha delle funzioni diverse e delle proprietà specifiche.
Le funzioni
Vediamo graficamente le funzioni del corpo, della mente e delle consapevolezza.

La funzione primaria della mente è quella di elaborare dati e di creare significati.
Una funzione del corpo è quella di garantire la sopravvivenza fisica alla persona. Serve riconoscere anche che il corpo ha dei bisogni, che sono in stretta relazione con questa sua funzione.
La funzione della consapevolezza è quella di acquisire queste informazioni, cioè divenirne consapevole.
L’individuo consapevole sceglie e agisce in base a questi dati.
Un esempio per chiarire questo aspetto. Se devi scegliere tra più posti di lavoro, la tua mente farà delle valutazioni di vario tipo (quale ha lo stipendio più alto, quale è il più sicuro ecc). I dati consapevoli servono a valutare, ma poi la scelta è determinata dalla consapevolezza che hai di te stesso. Potresti per esempio, scegliere un posto di lavoro semplicemente perché sai (sei consapevole) che quel posto di lavoro ti piace di più di un altro.
La scelta è libera, ed è una funzione dalla consapevolezza.
Per approfondire: Scegliere
Un’altra funzione della consapevolezza è quella di originare ex novo.
La mente elabora dati e crea significati, ma poi è l’individuo consapevole che crea con questi mattoni. La mente fornisce il materiale con cui costruire (i mattoni), l’individuo consapevole crea delle creazioni inedite e innovative.
Mentre la mente può solo replicare quello che conosce, o al massimo combinare in modo diverso i dati a sua disposizione, la consapevolezza è in grado di originare qualcosa che prima non c’era.
Le dinamiche
Abbiamo visto le funzioni di queste 3 dimensioni, vediamone ora le 3 dinamiche principali.

Il corpo agisce entro una dinamica di sopravvivenza primordiale, atavica, biologica. In questa dinamica c’è una competitività cieca.
La mente opera entro una dinamica di sopravvivenza orientata al massimizzare il guadagno e a limitare la perdita. Soppesa la situazione e valuta calcolando quello che conviene. Anche in questa dimensione umana è presente dinamica competitiva.
La consapevolezza è quella funzione umana in grado di integrare tutte le dinamiche in una sintesi superiore ed uscire dalla dinamica competitiva.
Esiste, nella dimensione della consapevolezza, un’etica naturale, che ci appartiene in quanto individui consapevoli.
Non è imposta dall’esterno verso l’interno. È connaturata alla nostra natura.
Tanto più sei consapevole di te, tanto più il tuo comportamento sarà orientato da un forte senso etico.
Questo non significa che gli altri bisogni saranno azzerati. Saranno inclusi in un ordine superiore.
Perché stiamo toccando questi argomenti, quando il nostro tema è la completezza esistenziale?
Perché…
Tanto più la natura della consapevolezza è discriminata dal corpo e dalla mente, tanto più il triangolo è in modo naturale equilatero: ogni dimensione umana risulta differenziata e integrata in un funzionamento globale equilibrato.
Questo principio è importantissimo e va tenuto in considerazione.
Nella completezza esistenziale le dimensioni umane non sono spente, azzerate. Sono incluse in modo equivalente in un adattamento funzionale integrato.
Per approfondire: La consapevolezza multidimensionale
Come di solito conosciamo il mondo
Compresi e discriminati i 3 vertici del triangolo, vediamo ora di concentrare l’attenzione sulla consapevolezza.
Il nostro tema è quello della completezza esistenziale, per cui concentriamoci su questo vertice del triangolo per comprendere qual è il nostro modo ordinario di conoscere il mondo.

Supponiamo, per comodità della nostra spiegazione, di posizionare la consapevolezza nel punto di contatto tra una dimensione esteriore e una interiore.
In realtà la consapevolezza non è locata, cioè non puoi definire dove sia.
Così come i confini tra fuori e dentro, non sono così definibili come sembra ad un primo sguardo.
Però è utile rappresentarla in questo modo, perché ci spiega molti principi utili.

La conoscenza del mondo esteriore
Supponiamo che tu voglia conoscere una sedia. Che tu voglia divenire consapevole di questo oggetto.
Quello che accade è che originerai un flusso di attenzione che origina da te e si dirige verso la sedia.

Una volta che hai toccato con l’attenzione la sedia, ne sei divenuto consapevole tramite un processo di conoscenza indiretto.
Questo modo di conoscere la sedia è una modalità duale di conoscenza.
Conoscenza duale significa che esistono 2 poli di conoscenza: tu che conosci, e l’oggetto conosciuto. Due estremità. Un punto di partenza e un punto di arrivo.

Possiamo schematizzare questa modalità di conoscenza così:

- C’è un soggetto: tu che conosci la sedia.
- C’è un oggetto conosciuto: la sedia.
- C’è un processo di conoscenza.
Puoi conoscere la sedia guardandola, toccandola, odorandola… il principio non cambia: si tratta di modalità di conoscenza duali, cioè mediate da un processo.
La conoscenza del nostro mondo interiore
Ora seguiamo gli stessi passaggi rispetto alla conoscenza del nostro mondo interiore.
Supponiamo che tu voglia conoscere una tua emozione, ad esempio, la gioia.

Da te partirà un flusso di attenzione verso questa emozione. L’attenzione sarà mediata, ad esempio, dal sentire.
Quando senti l’emozione quello che accade è che ne divieni consapevole tramite il processo del sentire, in una modalità di conoscenza mediata, di nuovo, duale.
Possiamo schematizzarla così:

Il principio di conoscenza è lo stesso della sedia, non cambia.
È rivolto verso un oggetto interiore, un’emozione. Usi il sentire, invece della vista o del tatto, ma la modalità con cui conosci l’emozione è sempre indiretta, mediata, processuale.
Lo possiamo schematizzare in questo modo:

Vediamo i 3 punti dell’esperienza.
- C’è un soggetto: tu che conosci la gioia.
- C’è un oggetto conosciuto: la gioia.
- C’è un processo di conoscenza, ad esempio il sentire.
Di nuovo, una modalità di conoscenza processuale.
Come conosciamo noi stessi
Da dove origina questa modalità di conoscenza?
A livello fondamentale deriva dal modo in cui conosciamo noi stessi.
Mi spiego meglio.
Torniamo di nuovo ad occuparci della sola consapevolezza isolandola per un attimo dalle altre nostre dimensioni.

Abbiamo detto prima che divenire consapevoli significa conoscere di più sé stessi.
Cioè portare più attenzione su di sé.
Non su una sedia, non su un’emozione, ma sulla fonte stessa dell’attenzione. Su di te.
Lo possiamo raffigurare in questo modo:

Tu che cerchi di divenire più consapevole di te significa che cerchi di mantenere l’attenzione su di te, per conoscenti maggiormente.
L’attenzione ritorna su di sé, con l’intenzione di conoscersi di più.
Quando tieni l’attenzione su di te il punto di partenza e quello di arrivo coincidono.
Nel grafico sopra ti ho raffigurato questo processo di conoscenza con una linea tratteggiata, perché?
Per indicarti che difficilmente le persone riescono a mantenere un flusso costante di attenzione su loro stesse. Può essere per una mancanza di abitudine o per una difficoltà a discriminare sé dal processo di percezione stesso.
Un punto importante da comprendere, fondamentale per capire tutto il discorso fatto fin qui riguardo la completezza, è questo:
a causa della dissociazione la persona conosce sé stessa tramite un processo, invece che conoscersi direttamente.
Invece di conoscersi direttamente, a causa della separazione la conoscenza di sé è mediata, processuale.
Lo possiamo raffigurare in questo modo:

C’è un bipolo di conoscenza: tu che tieni l’attenzione su di te per conoscerti di più.
Vediamo i 3 punti dell’esperienza, come abbiamo fatto per la sedia e per l’emozione
- C’è un soggetto: tu che tieni l’attenzione su di te.
- C’è un oggetto conosciuto: te stesso.
- C’è un processo di conoscenza, ad esempio il sentire di esserci, o il testimoniare o l’osservare…
Siamo alla radice dell’incompletezza esistenziale:
La radice dell’incompletezza esistenziale: non ci conosciamo completamente, direttamente, ma tramite un processo indiretto.
È un effetto della separazione di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo.
Ora, compresa che questa è la radice dell’incompletezza, abbiamo in mano un elemento importantissimo per spingerci verso la completezza.
Ora immagino che in te siano sorte alcune domande, tipo…
È possibile un conoscenza di sé non mediata da alcun processo?
È possibile avere piena consapevolezza di sé?
Se sì… come posso accedervi?
La risposta è sì per le prime due domande. Per la terza… continua a leggere.
Esperienza Diretta
Esiste una modalità di conoscenza che non è duale, ma diretta.
Ci appartiene in quanto individui dotati di consapevolezza.
È il modo in cui l’individuo conosce sé stesso quando il velo della separazione da sé stessi viene tolto.
La chiamiamo Esperienza Diretta.
Riprendiamo il discorso da dove eravamo arrivati: tu che vuoi conoscerti di più, mantenendo l’attenzione su te stesso.
Soggetto e oggetto di conoscenza coincidono, con un processo di conoscenza nel mezzo.
Il primo passaggio per accedere ad una conoscenza diretta di sé è questo: serve mantenere una continuità dell’attenzione su di sé
L’attenzione deve diventare continua, priva di interruzioni.
Deve anche essere pura, cioè senza interferenze.

Oltre ad essere pura e continua, l’attenzione deve essere intensa, forte, determinata.

Quando l’attenzione è tenuta con intensità su di sé, in modo continuo e senza interferenze, per il tempo necessario a penetrare il velo della separazione si ha accesso ad una conoscenza diretta di sé stessi.

In questa condizione l’individuo non si conosce tramite un processo, bensì direttamente.
È in una condizione di unione consapevole con chi è lui.
La conoscenza diretta di sé stessi, invece di avvenire tramite il bipolo di conoscenza soggetto-oggetto, lascia spazio ad un monopolo in cui soggetto e oggetto non sono separati, sono nel loro stato naturale di unione.
L’Esperienza Diretta manifesta la natura essenziale dell’individuo consapevole: lo stato di unione.
Il senso di unione è totale, completo.
La completezza esistenziale diviene manifesta. Il senso di pienezza interiore emana da chi esperisce questa condizione esistenziale.

La naturale condizione di unione è totalizzante e permette alla persona di esperire un senso di intima unione con il mondo di cui è parte.
La separazione lascia lo spazio all’unione.
Unione con sé stessi. Unione con la vita. Unione con l’altro essere umano.
Tutto ciò che viene esperito viene vissuto con un profondo senso di unione essenziale.

Le due modalità di conoscenza di sé – diretta e indiretta – sono radicalmente diverse tra di loro, e hanno esisti altrettanto diversi.

Una modalità di conoscenza indiretta permette di maturare uno stato che potremmo definire “io so”.
Una modalità di conoscenza diretta permette di esperire lo stato “io sono”.
Sommandole raggiungiamo la consapevolezza “io so di essere”.
Questa non è una affermazione mentale, ma uno stato di coscienza.
A tal proposito, è necessario fare una precisazione importante.
Una esperienza senza esperienza
La parola Esperienza Diretta è una definizione imperfetta per questo stato, perché la parola “esperienza” indica un processo.
Non esiste purtroppo in italiano una parola che descriva un’esperienza che avviene senza alcun processo.
Dovremmo usare i termini “esperienza senza esperienza“.
Usiamo la parola Esperienza Diretta per indicare una meta, un punto di arrivo.
Lo stato di unione è un’esperienza senza esperienza: per conoscere il suo vero significato serve viverla in prima persona, altrimenti resta solo un nome privo di senso.
Chiarito questo punto importante, proseguiamo.
Perché è così importante acquisire l’abilità di conoscere direttamente?
Un motivo l’abbiamo già detto: perché è fonte di completezza esistenziale.
Ma non solo.
Gli effetti dell’Esperienza Diretta
Quando un individuo sperimenta lo stato diretto, percepisce uno stato di intima unione con il mondo di cui la persona è parte.
Essere in unione significa non sentirsi separati a livello fondamentale, essenziale.

Tutto ciò che l’individuo percepisce viene esperito mantenendo l’accesso all’unione soggiacente.
Tutto appare ad essere in un campo di coscienza indifferenziata, e questo è riconosciuto e assunto come propria natura essenziale.
Tutto viene intriso dalla propria natura consapevole, donando infinito valore e prezioso significato a ciò che si conosce.
È una cosa naturale, spontanea. Non c’è bisogno di fare qualcosa di particolare. È il modo nuovo che ha la persona di stare nel mondo dopo che ha vissuto l’Esperienza Diretta.
Un altro elemento importante da considerare nel discorso riguardo la completezza: l’Esperienza Diretta pone l’individuo consapevole al centro della sua vita e delle sue dimensioni esistenziali.

Le dimensioni esistenziali, equivalenti tra di loro, si pongono in una condizione di equilibrio, potremmo dire “in periferia” rispetto alla centralità dell’individualità consapevole.
Porre l’individuo al centro significa che l’integrità dell’essere diventa il nuovo punto di ricezione. Il centro di gravità e di ricezione degli stimoli che giungono a te da tutte le dimensioni.
Questo non significa che in tutte le dimensioni umane magicamente si risolva tutto ciò che non funziona.
Nel giardino continueranno a crescere le erbacce.
Nelle relazioni le dinamiche disfunzionali potranno ripresentarsi.
Nella tua mente gli irrisolti busseranno ancora per reclamare di essere integrati.
Quello che cambia è che in tutto questo movimento ci sarà un punto nuovo di ricezione, chiaramente differenziato e integrato.
Un nuovo punto di inizio
Recuperare l”integrità di sé conoscendo direttamente sé stessi è un’esperienza in grado di elevare la qualità della vita di chi la esperisce.
Di per sé dona significato e valore ad una intera esistenza.
È un apice della vita della persona, uno straordinario punto di arrivo.
E si rivela anche un nuovo punto di partenza.
verso una vita originata e posseduta partendo dalla centralità della consapevolezza di sé.
Emerge una spinta intenzionale e consapevole protesa verso il rendere la propria vita ad immagine e somiglianza della propria verità.
Questo passaggio non è automatico né scontato e dipende da tanti fattori.
Può certamente volerci del tempo per rendere reale questa condizione.
E questo significa vivere la vita, in tutta la sua splendida molteplicità di variabili e di situazioni.

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Come accedere a questa esperienza
In questo lungo articolo ho cercato di delinearti un percorso. Da un punto in cui ti separato da te stesso e ti conosci tramite un processo ad un punto di completezza esistenziale, in cui ti conosci e sei integralmente, totalmente, te stesso.

Come accedere a questa esperienza?
Teoricamente, una persona potrebbe percorrere l’intero processo qui descritto in completa autonomia.
Nella pratica sono poche le persone in grado di farlo, a causa della difficoltà del percorso, della disciplina e della costanza della pratica richieste.
Serve un contesto straordinario per sostenere una persona a compiere questo percorso.
Per questo motivo è stato ideato l’Intensivo sull’Essere Consapevole.
È un seminario residenziale di 3 giorni e ha proprio questo scopo: creare il contesto ottimale affinché la persona possa accedere alla piena consapevolezza di sé.
Viene infatti definito “Percorso per le Esperienze Dirette”, perché questo è il suo fine.
È un percorso esperienziale, completamente incentrato sull’aspetto pratico della conoscenza.
Nei 35 anni in cui si è praticato in Italia si è rivelato uno strumento di eccellenza per accedere a questa conoscenza.
Ti invito a vivere questa esperienza in prima persona, per comprendere fino in fondo quello che le parole non possono veicolare.
Bibliografia: Intensivo sull’Essere Consapevole – Silvano Brunelli