Divenire consapevoli richiede due grandi abilità di introspezione: osservare e sentire.
Sono due processi interiori diversi tra di loro, che si intersecano e si sovrappongono nel movimento necessario a rendere consapevole qualcosa.
Sommati tra loro rendono possibile il divenire consapevoli, se sono disgiunti invece possono ostacolare il processo.
In questo articolo vediamo di comprendere la differenza tra osservare e sentire e di capire come si combinano in modo ottimale.

Osservare
Osservare vuol dire essere presenti a quello che accade: è una condizione di testimonianza consapevole.
La funzione di osservare è una testimonianza muta, una condizione in cui il significato o la narrazione associati a quello che si osserva vengono a cadere.
Osservare può generare, in sequenza, una attribuzione di significato e una narrazione riguardo quello che si sta testimoniando.
L’importante è riconoscere che in sé la funzione della testimonianza è muta, silenziosa, è pura presenza, il significato emerge a posteriori, così come l’eventuale narrazione.

Sentire
Sentire vuol dire essere aperti all’esperienza che si sta vivendo, accogliendola in sé.
È una condizione in cui ti apri all’esperienza lasciandoti attraversare, vivendola senza alcun filtro, in contatto profondo con l’esperienza tramite il senso del sentire.
Il senso del sentire è una funzione pre-verbale, cioè che viene prima della parola.
Come l’osservare appena visto, anche il sentire è di per sé muto, e questo a volte rende le due funzioni confuse tra di loro.
Eppure il sentire è diverso e va discriminato dell’osservare.
Il senso del sentire appare come una funzione biologica perché quando sentiamo qualcosa lo sentiamo nel corpo.
È il corpo il trasduttore che emana le sensazioni che percepiamo tramite il senso del sentire.
Più è forte il radicamento nel corpo maggiore è la quantità e la qualità di ciò che siamo in grado di sentire, e questo non si limita al sentire solo quello che stiamo vivendo a livello personale.
Il canale del sentire infatti apre le porte al sentire quello che sente l’altro, e anche alla percezione energetica dell’esperienza che stai vivendo.
Immagina di fare una passeggiata nella natura: se ti apri a sentire l’esperienza che stai vivendo, ti apri a sentire l’energia che ti circonda.
E non per niente a volte nel descrivere l’esperienza diciamo “un’immersione nella natura”.
La stessa esperienza è molto diversa se, invece di sentirla, la osservi.
Vediamo di capire meglio la differenza.

Condurre e costruire
Quando ti apri al sentire qualcosa sei in contatto con la sensazione allo stato puro.
Detto in un altro modo: quando apri la consapevolezza alla sensazione, diventi un canale conduttore che convoglia il flusso di qualcosa verso la consapevolezza.
L’attenzione assomiglia in questo caso a un tubo di gomma che si lascia attraversare dall’acqua, senza fermarla o resisterla in alcun modo.
L’osservare invece è una funzione di testimonianza che costruisce una percezione.
Osservare significa essere costruttori: costruire una percezione e poi anche un significato e in seguito una storia riguardo quello che stai vivendo.
Osservare implica essere testimone e costruttore dell’esperienza, e apre poi la porta alla narrazione o all’attribuzione di significato rispetto a quello che è reso consapevole.
Sentire invece equivale a essere conduttori: senti il flusso sensoriale e ti lasci attraversare da esso come se fossi un canale conduttore dell’esperienza stessa.

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Condurre e costruire l’esperienza
Facciamo un paragone per comprendere: supponiamo che l’esperienza che stai vivendo sia acqua saponata, e tu l’anello che serve per fare le bolle di sapone.
Quando sei conduttore (sentire) l’esperienza ti attraversa e semplicemente emergono bolle di sapone.
Quando sei costruttore (osservare) l’esperienza genera bolle modellate simbolicamente, dotate di significato.

Le bolle sono sempre bolle, l’esperienza è sempre lei, ma quello che accade con le due funzioni è diverso.
Da questo esempio possiamo estrapolare un principio utilissimo.
Per costruire serve prima condurre.
Ovvero, detto in un altro modo…
…per testimoniare un’esperienza serve prima sentirla pienamente. Senza il sentire, l’osservare è falsato.
Perché questa affermazione? Senza il sentire, l’osservare è falsato perché le bolle costruite non sono le reali bolle dell’esperienza, ma sono qualcos’altro, un’idea astratta lontana dalla realtà dell’esperienza.

Un esempio: consapevolezza del respiro
Una pratica diffusa per avvicinare la persone alla pratica della consapevolezza è quella di imparare ad essere consapevoli del respiro.
Applichiamo i due principi visti finora a questo esercizio.
Se sei in modalità conduttore, lasci che la sensazione dell’aria che entra ed esce dalle narici fluisca alla consapevolezza.
Molto diversa è l’esperienza costruttrice di osservare il respiro, o esserne testimoni, o ancora narrare a sé stessi l’esperienza di respirare: “l’aria entra e l’aria esce, l’aria entra…”.
Sembra una differenza sottile, ma è importante cogliere la differenza tra la sensazione in sé e l’osservazione.
In un esercizio introduttivo di questo tipo è importate imparare a porsi nella modalità di conduzione, cioè lasciare che la sensazione del respiro sia al centro dell’attenzione e che pervada la consapevolezza.
La costruzione, ovvero la testimonianza consapevole, arriva dopo.
Per costruire serve prima condurre.
[ Una precisazione: ho preso questo esercizio perché è molto diffuso e spesso viene dato come allenamento iniziale per sviluppare l’abilità di attenzione focalizzata.
Ciò non toglie che respiro e consapevolezza possano combinarsi per altri scopi e in modalità differenti da quelli usati qui come esempio. ]

Quando l’osservare diventa distanziarsi
Esiste un curioso tranello che a volte colpisce chi si avvicina alle pratiche di consapevolezza.
L’istruzione di “essere testimoni di ciò che accade” può infatti essere utilizzata come modo per distanziarsi ancora di più da qualcosa di spiacevole.
Osservare può diventare il rinforzo di un meccanismo di difesa psicologico che tiene la persona dissociata e distaccata dell’esperienza che sta vivendo.
Osservare può diventare il rinforzo di un meccanismo di difesa psicologico che tiene la persona dissociata e distaccata dell’esperienza che sta vivendo.
Oppure può funzionare da rinforzo nel mantenere attiva nell’inconscio una barriera che trattiene elementi, percepiti come sgradevoli o minacciosi, dall’essere resi consapevoli.
Più la persona ha il canale del sentire congelato, più è portata a prendere questa strada, in cui la funzione di costruzione ha preso il sopravvento su quella di conduzione.
Per ripristinare l’equilibrio serve sciogliere la capacità di sentire, ovvero imparare a porsi in modalità conduzione.
Per approfondire » Il bypass spirituale
Quando il sentire diventa abbandonarsi dal caos
In modalità conduzione si è più in contatto con l’esperienza, e questo è assolutamente positivo rispetto allo scenario appena visto.
Ma se non è bilanciato anche questo ha un rovescio della medaglia: quando la funzione di conduzione non è associata a consapevolezza la persona abbandonandosi completamente al proprio sentire è totalmente in balia di quello che sente.
Senza la consapevolezza il sentire è caotico, un ribollire di spinte e impulsi con direzioni contrastanti.
La persona si trova in questo modo ad essere un fruscello al vento in balia delle esperienze che le capitano.
In una società che spinge verso l’autocontrollo forzoso, sviluppare la capacità di allentare il meccanismo del controllo e lasciarsi andare nel vivere le esperienze in modalità di conduzione è certamente positivo, e la consapevolezza è il requisito che permette di farlo in sicurezza.
Proprio per questo appare sempre più evidente come sia necessario integrare entrambe queste due nostre funzioni: sentire e osservare.

Essere consapevole di qualcosa
Essere consapevoli di qualcosa richiede entrambe le funzioni: sentire e osservare.
Condurre e costruire.
Entrambe le modalità sono positive e si integrano tra di loro nel diventare consapevoli.
Essere consapevoli significa essere aperti e ricettivi nei confronti dell’esperienza sentita (modalità conduzione) e esserne testimoni, cioè osservarla e se necessario anche narrarla (modalità costruzione).
Possiamo, unendo le due funzioni descrivere la consapevolezza come una presenza ricettiva, una testimonianza aperta, che sente ciò di cui è consapevole.
Essere consapevole della consapevolezza
Cosa accade se, invece di indirizzare la consapevolezza verso un oggetto, poniamo l’attenzione sulla consapevolezza stessa?
Ovvero, detto in un altro modo: cosa accade se la consapevolezza diventa l’oggetto su cui poniamo consapevolezza?
Diveniamo consapevoli delle qualità intrinseche che appartengono alla consapevolezza che abbiamo appena visto: presenza ricettiva e apertura.
Non solo ne diviniamo consapevoli, ma lo diventiamo.
Ricordati sempre che…
…la consapevolezza non è qualcosa che hai, è ciò che sei.
Non hai la consapevolezza, ma sei un individuo consapevole.
La consapevolezza è la tua natura essenziale, e portare consapevolezza alla consapevolezza permette di accedervi, conoscerla e abitarla, cioè risiedere in essa.
A tutti gli effetti, diventare ciò che sei veramente.
Uno spazio di pura coscienza che si manifesta con le sue qualità peculiari, infinita apertura e ricettività, che sente e osserva ogni cosa.
Per approfondire » Esperienza Diretta
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Bibliografia
Dan Siegel – Diventare consapevoli
Silvano Brunelli – La teoria dell’essere I e II
2 commenti su “Osservare e sentire per divenire consapevoli”
Molto interessante e definito, chiaramente credo ci voglia esperienza continua per integrare conduzione e costruzione,articolo ben fatto in ogni suo fine,grazie
Grazie Max.
Sì, ci vuole esperienza per integrare i due aspetti. L’importante all’inizio è riconoscere che esistono le due modalità e essere consapevoli di quando si attiva una o l’altra. Riconoscendo che, laddove ci sia una fissazione in una modalità, è necessario integrare l’altra polarità, e soprattutto essendo consapevoli che per costruire, serve prima condurre. Questo aspetto è primario sul resto.