Noi esseri umani abbiamo tantissime doti.
Tra queste ne spicca una di straordinario valore: la volontà.
Abbiamo cioè la capacità di imprimere al corso degli eventi un direzione, di dare una forma alla vita che stiamo vivendo.
Apparentemente questa dote è in contrasto con un’altra capacità che possediamo: quella di vivere le cose così come sono, accettandole pienamente senza modificarle, riconoscendo la perfezione intrinseca di tutto ciò che avviene.
Possediamo entrambe queste abilità, la volontà e la resa, e spesso se non sono comprese e padroneggiate correttamente, vanno in conflitto.
Quello che ho potuto vedere nella mia esperienza di accompagnamento alla crescita in consapevolezza con le persone è che c’è una tendenza a creare polarizzazioni interiori: c’è chi usa solo la volontà, innescando a volte anche dei meccanismi di forzatura della vita e delle relazioni.
Al contrario c’è chi si polarizza verso l’apertura e nell’accettazione passiva di ogni cosa.
Entrambi gli estremi non risolvono la questione, lasciano una potenzialità di sviluppo inespressa e quindi innescano una frustrazione.
L’elemento che gioca a sfavore è che questa frustrazione manifesta i suoi effetti a lungo termine. Nell’immediato sembra che schierarsi da una parte (volontà o resa), risolva la questione.
Ognuno sceglie in base alla propria predisposizione “da che parte stare”, ovvero come vuole vivere la propria vita, e si sente a posto così. In realtà nel lungo periodo questo diventa controproducente, generando un senso di insoddisfazione radicale che a volte la persona non riesce a comprendere.
Esiste una soluzione a questo apparente contrasto?
Sì, esiste.
Quello che va compreso è che
La volontà e la resa non sono in antitesi, ma vanno integrate tra di loro.
Come?
Assecondando il loro sviluppo sequenziale naturale.
Procediamo per gradi, dando delle definizioni più specifiche di quello che sono la volontà e la resa.

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La volontà
Quando parlo di volontà mi riferisco all’intenzionalità che l’essere umano è in grado originare e manifestare nelle sue azioni.
Un’intenzione è una spinta ad agire, una forza pre-verbale che crea un movimento.
La volontà è una facoltà dell’individuo consapevole, perché…
dalla consapevolezza di noi stessi siamo in grado di originare un’azione finalizzata a uno scopo.
Analizziamo i componenti di questa definizione.
Originare, nel senso di creare qualcosa. Questa creazione parte dalla nostra interiorità.
È l’essere consapevole che siamo che crea e origina un’intenzione.
È l’essere consapevole che siamo che crea e origina un’intenzione.
Quest’intenzione diventa poi un’azione, cioè si manifesta in un qualcosa di definito.
Finalizzata: l’azione è connessa al fine, cioè alla cosa che vuoi ottenere.
In questo fine c’è uno scopo, cioè un perché.
L’azione è finalizzata e connessa allo scopo quando sai cosa vuoi ottenere e perché lo vuoi ottenere.
Da leggere » La scelta

La resa
Alla parola resa spesso è associato un connotato negativo. In realtà l’atto di resa non è da intendersi come una sconfitta rispetto a qualcosa.
La resa è un atto di accettazione radicale delle cose per come sono.
La resa è un atto di apertura e di accettazione profonda.
Questo implica un lasciarsi andare nell’esperienza che si sta vivendo nel momento presente, e anche un lasciare andare l’esperienza vissuta nel passato e un aprirsi agli eventi futuri riconoscendo che in gran parte non sono determinabili da noi.
Nella resa semplicemente ci si apre a quello che c’è, nel flusso dinamico della vita.
In questa profonda apertura si scioglie l’attaccamento al risultato delle proprie azioni.
Potremmo riassumere il concetto con questa definizione:
la resa è l’apertura del cuore alla vita così com’è.
Da leggere » Meditazione: concentrarsi o lasciare andare?

Sequenza di sviluppo
La volontà e la resa sembrano in antitesi quando la sequenza di sviluppo di queste nostre due facoltà incontra degli intoppi evolutivi, cioè quando le tappe non vengono portate a termine nei tempi e nei modi idonei.
La sequenza di sviluppo naturale prevede che prima si sviluppi la volontà, poi l’atto di apertura.
Quando questo accade in modo naturale, le due funzioni poi si integrano tra di loro, senza alcuna contrapposizione, senza alcun contrasto percepito soggettivamente.
Purtroppo, spesso questo non accade. Vediamo perché e quali sono le conseguenze.
Intoppi evolutivi
Quando ci sono degli intoppi evolutivi, come ad esempio quando la volontà individuale viene limitata da un’educazione repressiva, la persona cresce con questa funzione “menomata”, limitata nella sua piena espressione.
L’individuo che subisce una repressione nella propria intenzionalità impara ad arrendersi, nel senso che la sua volontà subisce una sconfitta e da qui nasce l’accezione negativa associata al termine “resa.”
In questo caso l’arrendersi diventa negativo perché è la conseguenza della castrazione del muscolo della volontà individuale, è un qualcosa di subìto dall’esterno verso l’interno, mentre il vero atto di resa parte dall’interno, è un’apertura radicale che parte dal cuore della persona, e in questo non c’è nulla di negativo.
Un altro intoppo evolutivo molto comune nello sviluppo delle due funzioni accade quando, nell’aprirsi la persona subisce delle ferite.
Il dolore di una ferita provoca una chiusura, che è proprio quello che impedisce l’apertura del cuore, e di conseguenza inibisce la resa.
Allora, in questo caso la persona si rifugia nell’uso forzoso della volontà. Il baricentro delle due funzioni viene spostato sull’atto volitivo, spesso connesso ad una componente di forzatura, che altro non è che la mancata integrazione dell’altra polarità, quella della resa.
Possiamo riassumere in questo modo:
Se viene frustrato l’uso della volontà la persona tende a polarizzarsi sull’arrendersi, con un connotato negativo e di passività.
Se nell’aprirsi una persona riceve delle ferite, tende a polarizzarsi sull’uso della volontà, con una componente di forzatura.
Chiaramente la condizione individuale prevede un insieme di entrambe queste dinamiche. La realtà della propria condizione su queste funzioni non è bianca-nero, ma prevede un’infinità di sfumature.
Ciò nonostante è vero che le persone tendono a polarizzarsi su una funzione o sull’altra, in base alla propria strategia di sopravvivenza.
Vediamo ora, indipendentemente dalla propria polarizzazione, quali sono le fasi di sviluppo e di integrazione delle due funzioni, partendo dalla fase zero, in cui la persona non riconosce né una né l’altra.

Fase 0: Reazione
Il punto di partenza è la condizione in cui le due funzioni sono latenti, non sono ancora sviluppate.
La persona in questo caso reagisce a quello che sta vivendo in base a degli automatismi mentali, condizionati dalle esperienze passate.
Semplicemente ad uno stimolo la persona reagisce con una risposta automatica.
Questa risposta non può essere ricondotta al un atto di volontà, perché nella volontà, per come l’abbiamo definita all’inizio dell’articolo, sono incluse la consapevolezza e l’intenzionalità, che in questo caso sono assenti.
Non si tratta quindi di volontà ma di reazione. La persona reagisce agli stimoli.
La risposta non è nemmeno riconducibile all’apertura, perché essendo condizionata è impregnata di forzatura e di resistenza rispetto all’esperienza.

Fase 1: Dicotomia
Questa è la prima reale fase di sviluppo, perché quella precedente è una condizione in cui lo sviluppo è fermo a livello zero.
La persona percepisce di avere due opzioni di fronte agli eventi: o usare la volontà, oppure usare la resa.
L’aspetto è dicotomico: o una o l’altra opzione.
Questa fase è probabilmente il punto di partenza di molti lettori.
L’importante qui è portare consapevolezza su due aspetti:
Cioè, se ad esempio nella vita ti accorgi che usi tantissimo la volontà, senza mai lasciarti andare aprendoti a quello che potrebbe accadere fuori dalla sfera del tuo controllo, porta l’attenzione a quest’ultima opzione. Riconoscila come possibile alternativa al tuo naturale modo di essere nella vita.
Viceversa, se nella vita hai un atteggiamento passivo, in cui sei semplicemente in apertura alle cose così come vengono, riconosci che esiste la possibilità che tu possa imprimere al corso degli eventi una direzione manifestando un’intenzione consapevole.
Quello che conta in questa fase è attivare la funzione complementare.
Le funzioni poi vanno attivate, nel giusto ordine però.

Fase 2: Sequenza
La sequenza di sviluppo naturale prevede prima lo sviluppo della volontà poi quello della resa. Per questo motivo, anche nell’azione di sviluppare intenzionalmente queste due funzioni, l’ordine è il medesimo.
Prima manifesti la volontà, con intensità esprimi la tua intenzione e agisci nell’esperienza connettendoti al tuo scopo.
Quando senti che questa ha raggiunto l’apice di ciò che sei capace di fare in quel determinato momento, scivoli nella resa, cioè nell’apertura incondizionata a quello che sarà.
L’atteggiamento interiore è di sentire che hai fatto tutto quello che era in tuo potere per dare una direzione al corso degli eventi, e ora puoi solo lasciare che le cose vadano e che il risultato arrivi.
Si tratta di lasciare andare il tentativo di voler controllare quello che arriverà, riconoscendo che trascende la tua possibilità di controllo.
L’elemento cruciale, per passare da questa fase a quella successiva, è quello di imparare a sciogliere le forzature mentre eserciti la volontà.
La volontà nella sua essenza è priva di forzatura
Forzare gli eventi vuol dire volerli rendere diversi da come sono.
Nella volontà c’è un’intenzionalità di voler cambiare le cose, ma c’è anche un riconoscimento e un’accettazione di partenza di come le cose sono in questo momento. Sembra un dettaglio insignificante, eppure fa una differenza enorme.
Sciogliere la forzatura è quello che ti permette di accedere alla fase seguente.

Fase 3: Unificazione
Quando le forzature nell’uso della volontà sono completamente sciolte, la volontà e la resa si manifestano contemporaneamente, simultaneamente. Si unificano. Diventano la manifestazione di una sola forza.
È l’essere consapevole che sei che si manifesta con queste due caratteristiche che gli appartengono: l’apertura e l’intenzionalità.
Origini intenzioni e le manifesti con intensità, con una forte volontà che imprime agli eventi una direzione, ma anche al contempo sei completamente aperto e arreso a quello che si manifesta, momento per momento.
In questa fase la volontà individuale viene inclusa e trascesa dall’apertura: si accede a un altro tipo di volontà, che perde il connotato di essere personale.
Eppure, la volontà c’è, e si manifesta in una modalità forte e potente. Semplicemente diventa non-personale, è una volontà che è connessa all’apertura all’esperienza che stai vivendo.
Senti che è la vita stessa che agisce attraverso di te, manifestando le sue intenzioni e i suoi scopi.
Da leggere » Il guidatore e l’elefante, una visione integrata

Errori nel gestire le fasi
Ci sono vari errori che si possono manifestare nel mettere in atto queste fasi di sviluppo.
Tre sono quelli più ricorrenti.
1. Confondere la forzatura con la volontà
Un primo errore l’abbiamo già visto: è quello di confondere la forzatura con la volontà.
Forzare gli eventi non è usare la volontà.
La forzatura è la conseguenza di una reazione negativa a qualcosa che stai vivendo.
La forzatura va prima resa consapevole e poi sciolta.
2. Invertire la sequenza
Un altro errore è quello di volere invertire la sequenza di sviluppo: cercare di sviluppare prima la resa rispetto alla volontà.
L’effetto è quello di rendere la resa una “sconfitta della volontà”, e quindi un’arresa, alimentando uno dei possibili intoppi evolutivi che abbiamo visto precedentemente.
3. Negare la volontà
Un terzo errore molto comune è strettamente connesso a questo: è quello di voler saltare completamente l’uso della volontà personale, negandola a priori o dandogli un’accezione negativa, ad esempio “volontà dell’ego” o similari.
Per approfondire l’argomento leggi » Bypass spirituale
Perché è un errore? È vero che nella fase di unificazione la volontà personale diventa qualcos’altro, diventa una volontà non-personale, ma in questa transizione la volontà personale viene inclusa e trascesa in qualcosa di più grande, non viene negata o repressa.
La volontà personale, all’apice della sua espressione, si trasforma in una volontà non personale.
Volerla negare a priori la soffoca, quindi impedisce anche di accedere all’apice trasformativo e alla condizione di unificazione in modo stabile.

La tua esperienza con la volontà e la resa
Nell’articolo ho delineato una sequenza di sviluppo di queste due facoltà in una prospettiva integrativa. Certamente i punti possono essere approfonditi ulteriormente, ma questo è a mio avviso uno schema sufficiente per comprendere molte delle dinamiche che intercorrono tra lo sviluppo della volontà e della resa.
Ora passo la parola a te, ponendoti delle domande per riflettere su questi aspetti.
-Senti di essere polarizzato sull’uso della volontà o della resa?
-Quando usi la volontà, forzi la realtà ad essere diversa da come è?
-La resa per te è sinonimo di sconfitta?
-Ti è mai capitato di vivere l’esperienza in cui volontà e resa si unificano in un unico movimento?
Se ti fa piacere, puoi lasciare le tue riflessioni o la tua esperienza su questi temi nei commenti qui sotto.
5 commenti su “Le fasi di sviluppo della volontà e della resa”
…rispetto all’esperienza non duale è il perché del fine che mi lascia perplesso…nè parleremo…
Il perché, che include tutti i perché… sei tu, puro essere. E in questo, paradossalmente, non c’è alcun perché. Questo diventa evidente nell’esperienza non-duale.
Ma l’importante è sperimentarlo, le parole lasciano il tempo che trovano ;)
Ciao, Agostino. Grazie di cuore per questo stupendo articolo: è davvero interessante, ma soprattutto dolorosamente veritiero. Forse tutti abbiamo attraversato il deserto della dissociazione, finendo a volte nelle forzature della volontà, a volte nella “arresa” o rasegnazione. Di solito i seri problemi si risentono nella seconda situazione.
Ma era un’altra cosa che volevo sottolineare. Dicevi che nella fase di unificazione, la volontà personale diventa qualcos’altro, diventa una volontà non-personale. Per edificarmi, sono andato anche all’articolo sul bypass spirituale. Allora sì, la tua affermazione è corretta: si tratta di volontà non-personale. Ma se non si trattasse di un bypass, bensì di un’autentica dimensione spirituale dell’esperienza personale della vita (e qui oltrepassiamo i confini della psicologia, senza rinnegarla!), potremmo parlare di trascesa della volontà personale (scil. individuale) in una volontà sempre personale, senza soppressioni, sostituzioni ecc.? Secondo me, sì. Sto pensando ad una “formula” già collaudata. Farò un pensiero e ti farò sapere.
Intanto, grazie di nuovo per questo regalo di cuore. Buona serata,
Ion
Grazie Ion per il commento.
Condivido il tuo pensiero.
La fase di unificazione non è un bypass, ma è uno stadio di sviluppo in connessione profonda con la nostra natura più autentica.
L’ho chiamata volontà non personale perché soggettivamente è esperita come una forza che agisce attraverso di te, con cui anche sei identificato, ma senti di non poter reclamare “mia volontà” nel senso comune del termine. Eppure, paradossalmente, è tua nel modo più profondo esistente: è l’essere che sei che agisce senza i mediatori della personalità.
Tornando al tema del bypass: questo avviene quando si vuole “saltare” uno stadio di sviluppo, cercando di attingere direttamente a questa forza non personale senza avere sviluppato e integrato la volontà personale. Si può anche fare, possono accadere degli episodi di questo tipo anche spontaneamente, ma non sono stabili, sono esperienziali e non esistenziali. Sono uno stato di coscienza e non uno stadio di sviluppo della coscienza.
Il senso dell’articolo è quello di dare una direzione in chiave evolutiva, cioè di passaggio tra gli stadi di sviluppo in modo di arrivare ad avere una condizione esistenziale stabile.
Spero di aver chiarito questo aspetto.
Se c’è altro, chiedi pure!
Grazie di cuore. Buona giornata,
Ion