Quando ti sei avvicinato alla meditazione, l’hai fatto per un motivo. Oppure, se ancora non hai iniziato a meditare, stai leggendo questo articolo per capire quali benefici ne potresti ricavare.
Potrebbe essere semplice curiosità. Oppure potresti essere mosso da un disagio di fondo, e senti che dalla meditazione potresti trarne sollievo.
Ancora: potresti cercare nella meditazione una via di fuga da una contesto di vita che ti respinge.
Oppure potresti essere mosso da una autentica spinta alla ricerca interiore.
La spinta a conoscere la dimensione della consapevolezza è la motivazione più sana che può iniziare il ricercatore nella sua pratica.
Quale che sia il motivatore iniziale, per proseguire con costanza nella pratica è necessario avere bene in mente il fine della meditazione. Il fine visto in senso ampio comprende anche gli effetti della meditazione.
Gli effetti della meditazione non sono il fine in sé, ma nemmeno effetti collaterali da ignorare. Sono segnali che ti indicano se stai proseguendo nella giusta direzione.

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Il fine della meditazione
La pratica della meditazione ha lo scopo di elevare la consapevolezza dell’individuo.
Cosa significa elevare la consapevolezza dell’individuo? Questa affermazione ha due sfaccettature che si intersecano: una te la presenterò subito, l’altra sarà svelata più avanti nell’articolo.
Elevare la consapevolezza significa liberare la consapevolezza dalla struttura di coscienza nella quale è inserita. La coscienza, come è intesa ordinariamente, non è pura consapevolezza, ma consapevolezza incarnata in una struttura psicologica [vedi il modulo strutture di coscienza]. La struttura di coscienza dà forma al contenuto fenomenico che appare alla coscienza. Consapevolezza e struttura sono un sistema interagente, una gestalt. La meditazione consente alla consapevolezza di uscire progressivamente da questa fusione, fino ad arrivare, nello stadio finale, a recidere completamente questa connessione.
Elevare la consapevolezza significa liberarla dalla struttura di coscienza nella quale è inserita.
La consapevolezza diviene nel percorso meditativo sia l’obiettivo da raggiungere che il tramite con il quale è possibile conseguirlo. Rappresenta il fine ultimo e anche il mezzo: si medita infatti con l’attenzione, che è l’organo di senso dell’individuo consapevole.
Da leggere: Gli stadi della meditazione
Un percorso tra gli stati di coscienza
La pratica meditativa consente all’individuo di portare consapevolezza tra gli stati di coscienza. Il baricentro della vigilanza consapevole si sposta sull’asse degli stati.
Uso il termine vigilanza per non confonderlo con lo stato di veglia. Si tratta di due elementi differenti.

Inizialmente c’è un risveglio della consapevolezza nello stato di veglia. Nella veglia ordinaria la consapevolezza è carpita dalle impressioni sensoriali e dalla mente pensante. La meditazione consente di accendere la consapevolezza testimoniante e di mantenerla per un tempo prolungato durante le normali attività.

Quando questa viene rinforzata in modo adeguato, il baricentro si sposta nello stato di sogno. Significa che la lucidità conquistata durante il giorno diventa accessibile anche durante lo stato di sogno. La mente sogna, e la consapevolezza è lucida e risvegliata. Non si tratta di due fenomeni che si escludono, anzi possono essere integrati. È proprio quello che accade nella progressione degli stadi meditativi.

La progressione continua poi nello stato di sonno senza sogni. In questo stato non c’è contenuto di coscienza, nessun sogno, niente che appare alla coscienza. Si entra nel dominio causale. Eppure, anche qui, pur non essendoci un contenuto, la consapevolezza può essere lucida e risvegliata. Il baricentro ha fatto un altro passo.

Quando la vigilanza ha attraversato in progressione tutti gli stati di coscienza, rafforzando e stabilizzando la sua testimonianza ininterrotta, integra tutti gli stati in un abbraccio non-duale. Non-duale significa privo di separazione. Ogni elemento che emerge nello spazio di consapevolezza, viene riconosciuto in modo equanime.
Più stati: più libero
Finché la consapevolezza è interconnessa alla struttura psicologica, l’individuo è in qualche modo sotto il dominio della struttura. La sua capacità di scelta è in qualche modo limitata, condizionata.
Più sono gli stati di coscienza attraversati consapevolmente più la consapevolezza è liberata dalla struttura. Più la consapevolezza è sciolta dal vincolo della struttura, maggiore è la libertà percepita soggettivamente. La vera libertà dell’individuo è custodita nella sua consapevolezza, al di là di quelle che possono essere le condizioni esteriori. La libertà interiore di essere chi si è, e di scegliere in base a questo. Questo è il primo effetto della meditazione.
Più la consapevolezza è sciolta dal vincolo della struttura, maggiore è la libertà percepita soggettivamente.
Strutture di coscienza
La seconda sfaccettatura che concerne l’elevare la consapevolezza è la crescita verticale nelle strutture di coscienza.
La complessità della struttura determina il modo in cui l’informazione viene elaborata.
Un aumento in complessità produce due effetti principali:
- il modo in cui si vede il mondo cambia. Da un luogo pericoloso in cui è necessario proteggersi e difendersi ad un luogo in cui trovare realizzazione e compimento per mezzo di relazioni basate sull’equivalenza e sulla collaborazione.
- sono disponibili più punti di vista. Nella crescita delle strutture di coscienza la capacità di prendere prospettive diviene più ampia. L’individuo non è più vincolato al proprio punto di vista ego-centrato ma acquisisce la capacità di prendere il punto di vista di un altro. Ad ogni salto evolutivo si inserisce una nuova prospettiva su quella esistente, in una complessità sempre maggiore. Prima quella di un altro, poi di altri nel loro insieme, poi di altri nei conftronti di altri, poi di sistemi nei confronti di altri sistemi, in un crescendo di prospettive incluse.
Più strutture: più pieno
La crescita delle strutture di coscienza è associata ad un senso soggettivo di pienezza esistenziale.

Più sono le prospettive incluse più sono ampi i confini di ciò in cui è possibile identificarsi. Più sono ampi i confini, più sono pieno. Una struttura ancorata alla prospettiva egocentica, in prima persona, ha un confine limitato. Se questa cresce in complessità, può abbracciare nel suo punto di vista una prospettiva etnocentrica: non esisto solo io, ma anche il mio gruppo, e posso prendere il punto di vista di questo. E così via, da etnocentrico a mondocentrico, e poi cosmocentrico: i confini si allargano, i sistemi con cui ci si identifica crescono.
Strutture più complesse danno la possibilità di allargare i confini della propria identificazione.
Prima, nel paragrafo relativo agli stati di coscienza, ho scritto che se la consapevolezza è sotto il dominio della struttura, ne è in qualche modo limitata, condizionata. Ora invece sostengo che più la struttura è complessa maggiore è la completezza esistenziale che dona. Come si integrano questi due elementi? Le strutture sono da includere o da trascendere?
Profondità o altezza?
L’aver attraversato tutti gli stati di coscienza nella progressione degli stadi della meditazione ci mette in contatto con la profondità dell’essere.

Un gradino sul sentiero contemplativo porta ad una maggiore profondità esistenziale.
Una struttura di coscienza più complessa dona la capacità di vedere il mondo in modo differente, una prospettiva che le strutture più semplici non sono in grado di prendere. Non possono, perché l’apparato cognitivo non ha la complessità per farlo.

Metaforicamente possiamo pensare ad una crescita in altezza evolutiva. Non più in profondità dunque, come nella crescita negli stati, ma in altezza.
L’evoluzione individuale comprende entrambe queste direzioni: in profondità e in altezza.
L’evoluzione in un senso non preclude l’altra, anzi. Generalmente un avanzamento sul sentiero contemplativo (meditativo) permette al sistema cognitivo di salire di uno/due gradini evolutivi nelle strutture di coscienza. L’associazione non è matematica, e per nulla scontata. È possibile infatti completare l’intero percorso degli stadi della meditazione e rimanere ancorati ad una struttura di coscienza. Per esempio, quella etnocentrica. Storicamente è successo più volte e questo ha portato a drammatiche conseguenze.
Viceversa, un incremento in complessità delle strutture generalmente non fa progredire nella sequenza orizzontale degli stadi-degli-stati, se non nelle strutture più elevate, transpersonali, dove le modalità di percezione sintetiche hanno molti elementi in comune con lo stato non-duale.
Alla domanda “profondità o altezza?” si può dunque rispondere: tutte e due. Una evoluzione completa comporta una crescita orizzontale, con l’obiettivo finale di raggiungere la liberazione della consapevolezza, e una crescita verticale, con l’obiettivo di includere e trascendere tutte le strutture, tutti i punti di vista.
L’evoluzione completa dell’individuo
La progressione orizzontale porta allo stadio non-duale, mantenuto in modo stabile e duraturo nel tempo. Eppure questo nella sua sostanza è vuoto, completamente privo di contenuto. Si raggiunge la libertà totale.
La progressione verticale porta allo stadio transpersonale in cui il senso di identità si apre alle totalità sistemiche e si identifica con esse. Le modalità di percezione che emergono sono di tipo sintetico, la vasta totalità con cui ci si identifica appare unificata già in origine. Si raggiunge la pienezza esistenziale.

In passato questa conoscenza non era acquisita. Si pensava che l’evoluzione individuale comprendesse esclusivamente il completamento del sentiero contemplativo. Le nuove conoscenze integrano questa visione aggiungendo un tassello ulteriore: la crescita nelle strutture.
Integrare la profondità dell’essere con la complessità della struttura porta a libertà e pienezza: questi sono gli effetti della meditazione e della crescita della consapevolezza. Questa è la visione finale che tiene il praticante sul percorso.
Integrare la profondità dell’essere con la complessità della struttura di coscienza dona libertà e pienezza.
L’individuo è chiamato a compiere entrambi questi percorsi, sia in altezza che in profondità: a toccare le profondità dell’essere e mettere questo niente a comando di una struttura in grado di veicolarlo nel divenire della forma.
3 commenti su “Gli effetti della meditazione: libertà e pienezza”
Grazie per la tua chiarezza, poi rileggo un altra volta l articolo, mi sfugge il nocciolo per mancanza di comprensione pratica, ma intuitivamente credo di capire
Grazie a te Sergio per il commento. L’articolo pone l’accento sui due effetti della meditazione (evoluzione tra gli stati di coscienza e evoluzione nelle strutture di coscienza). Ognuna di queste due dimensioni evolutive ha degli effetti, vissuti appunto come libertà e come pienezza esistenziale. Con la meditazione si possono avere esperienze che espandono il proprio vissuto in questi due sensi. Se ci pensi, tutti cercano nient’altro che questo… spesso però con mezzi inadatti a portarli lì.
Ho la sensazione, anzi direi la certezza, che tu, Agostino, l’abbia capito già da un po’…:
“Viceversa, un incremento in complessità delle strutture generalmente non fa progredire nella sequenza orizzontale degli stadi-degli-stati, se non nelle strutture più elevate, transpersonali, ***dove le modalità di percezione sintetiche hanno molti elementi in comune con lo stato non-duale***.”
Adesso, forse, grazie a te l’ho capito anch’io…
Mi chiedevi «Tanto chi mi vede?»
Ti rispondo «Io, pur essendo ancora in catene»
Ecco perché mi dicevi «Un solo credo, l’amore. Un solo sogno, la libertà»
❤