Nell’immaginario collettivo riguardo il sonno esiste un principio ripetuto talmente tante volte da essere considerato assoluto: per stare in salute abbiamo bisogno di 7-8 ore di sonno continuo per notte.
Se ti discosti da questo standard, dovresti preoccuparti e porti delle domande. Cosa c’è che non va? Come posso tornare alla normalità?
In realtà la domanda che dovremmo farci è un’altra. Una domanda che mette in discussione questo principio assoluto.
La normalità di 7-8 di sonno continuo è il modo di dormire naturale della specie umana?
Una serie di esperimenti sul sonno hanno indagato questo quesito, scoprendo in questa ricerca altre modalità di riposo notturno che mettono seriamente in dubbio l’assunto assoluto delle 8 ore di sonno continuativo.
Vediamo cosa hanno scoperto.
Da leggere: l’introduzione alla rubrica » La straordinaria avventura negli stati di coscienza

Alla ricerca del sonno naturale
Il primo esperimento che ha indagato la modalità di sonno dell’essere umano è quello di Thomas Wehr, un cronobiologo americano. In uno dei suoi esperimenti ha voluto verificare quale fosse l’adattamento dell’uomo alle variazioni di luce stagionale.
È risaputo che le specie animali, quando aumenta il numero di ore di buio nelle stagioni invernali, si adattano e si armonizzano a questa variazione. L’adattamento dell’essere umano non era ancora stato studiato in modo adeguato.
Nel suo esperimento il gruppo di studio è stato posto per un mese in una condizione priva di illuminazione artificiale.
L’inverno del Maryland, dove si è svolta la ricerca, dura circa 14 ore. Le persone alle cinque di pomeriggio si presentavano al laboratorio ed erano invitate a stare a letto, a riposare, dormire o riflettere, per tutto il tempo, senza alcuna luce artificiale per le 14 ore notturne.
I primi giorni dell’esperimento i soggetti hanno dormito a lungo. Si è reso manifesto il cosiddetto “debito di sonno“, ovvero il sonno arretrato non soddisfatto, che in una condizione di questo tipo ha potuto trovare appagamento.
Quello che si è visto è che in questa condizione il debito di sonno viene recuperato nel giro di 3-4 settimane, ed ammonta a circa 17 ore in più rispetto alla media del sonno individuale. Il recupero non avviene in un’unica giornata, ma viene diluito nei giorni, fino a portarsi a zero.
Quando si è recuperato il debito di sonno, ecco che la durata media del sonno del gruppo di studio si è stabilizzata sulle 8 ore.
Detto così, sembra che questo esperimento validi l’assunto assoluto posto all’inizio dell’articolo. In realtà no, perché le 8 ore di sonno naturale non sono le 8 ore continue a cui siamo abituati a pensare, ma hanno una modalità diversa, divisa in due tranche.

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Un’indagine storica sul sonno
Un’altra fonte di dati riguardo la modalità naturale del sonno dell’essere umano è la ricerca storica.
In particolare, quella dello storico americano Roger Ekirch, che ha scritto un libro sull’evoluzione del sonno degli occidentali partendo dal medioevo fino alla rivoluzione industriale.
Nella sua indagine ha trovato dei riferimenti, in 14 culture diverse, al cosiddetto “primo sonno“. Si trattava perlopiù di riferimenti casuali, non di approfondimenti specifici. Come se la condizione di “primo sonno” fosse qualcosa di assodato e che non necessitasse alcuna spiegazione. Trovò, nella sua ricerca durata quattro anni, più di 300 riferimenti a questa modalità di sonno.
Brevi citazioni sono state ritrovate anche nell’Eneide e nell’Odissea, lasciando intravedere che questa modalità di sonno, data per scontata in passato, ha radici antiche nella storia dell’essere umano.
Ovviamente, associato al primo sonno, c’è la sua controparte: il “secondo sonno”, o il “sonno del mattino“.
Questa interessante ricerca storica ha portato alla luce che…
Il modo in cui dormivano gli esseri umani, prima dell’avvento della luce artificiale, non era un sonno continuo, ma era composto da due turni intramezzati da una sveglia cosciente.
Un sonno serale, che durava dalle 9 di sera fino alla mezzanotte, e un sonno mattutino, dalle 2 di notte fino all’alba.
Fra questi due turni, c’era un particolare stato di coscienza, chiamato “la vigilia“, o “la vigilanza”.
Questo modo di dormire, estrapolato dalla ricerca storica di Ekirch, è completamente in linea con i risultati delle ricerche del laboratorio del sonno in cui è stata tolta la luce artificiale.
Da questi dati pare che il sonno frazionato in due turni sia qualcosa di naturale, e che
le canoniche 8 ore di sonno continuo sono un adattamento moderno allo stile di vita costruito dall’uomo.
Ma vediamo meglio cos’è il sonno segmentato e la vigilia che sta nel mezzo dei due turni.
Sonno bimodale
Il sonno in due turni viene chiamato “sonno bimodale“.
Nel sonno bimodale c’è il primo sonno, che è un turno di sonno della durata di 3-5 ore, che ha inizio dopo circa 2 ore dal tramonto.
A questo segue una veglia riposante della durata di 1-3 ore.
La notte si conclude poi con un secondo sonno, che dura dalla metà della notte fino all’alba.

Questo modo di dormire è tipico delle scimmie e degli scimpanzé. È un mix tra il dormiveglia e la vigilanza e parrebbe essere lo schema di sonno fisiologico anche dell’essere umano.
Ma come mai siamo finiti a dormire 8 ore di fila e a considerarlo normale?
Si tratta dell’effetto cumulativo di una serie di adattamenti.
Adattamento
La specie umana ha avuto la sua nascita e la sua incubazione nella zona equatoriale. In questa fascia terrestre la durata della notte e del giorno è equivalente: 12 ore di luce e 12 ore di buio.
Con questa impostazione il sonno segmentato appare come la soluzione ideale da adottare in modo continuativo, per tutto l’anno.
Quando l’essere umano è migrato, verso nord e verso sud, ha dovuto adattare il suo orologio biologico alla variazione della durata di luce e buio dovuta ai cambiamenti stagionali, spostando la sua preferenza verso la breve durata delle notti estive rispetto alle lunghe notti d’inverno.
A questo adattamento si è poi sommata una forte influenza culturale: l’avvento di locali pubblici, la disponibilità di tè e caffè che influiscono sul ciclo sonno veglia, la modifica della percezione soggettiva del tempo (con l’invenzione dell’orologio), e soprattutto con la scoperta della luce artificiale.
La luce artificiale ha dato all’uomo moderno il potere di stabilire la durata della sua giornata, spostando la preferenza alla lunga giornata di luce rispetto al buio.
La somma di questi fattori ha fatto sì che il sonno bimodale sia stato compresso in un unico sonno: le canoniche 8 ore continue che tutti diamo per scontato.

La vigilia
Cosa accade nel periodo che separa i due turni del sonno bimodale?
Questo stato di coscienza, tra tutti quelli che fanno parte di questa rubrica, è l’unico che non ho sperimentato personalmente, per cui te lo riporto in terza persona basandomi su ciò che è stato descritto da chi l’ha vissuto e dai ricercatori che l’hanno studiato.
Quello che emerge, tra il primo e il secondo riposo è una condizione di quiete tranquilla, di calma meditativa, di pacifica vigilanza.
Studiando questa condizione in laboratorio, si è scoperto che l’attività cerebrale è predominata dalla produzione di onde alfa.

A livello ormonale c’è una ricca produzione di prolattina, una sostanza prodotta dall’ipofisi con noti effetti calmanti. È un ormone che tradizionalmente associamo alle madri che allattano e ai bambini che dormono pacificamente, ma non è una loro esclusiva.
Oltre a questa variazione ormonale, si è visto un incremento della produzione di melatonina e una diminuzione dell’ormone della crescita.
Chi ha vissuto questa condizione la descrive come una situazione delicata, che ciò può essere persa con un minimo disturbo. Questa quiete gentile è descritta come uno stato meditativo piacevole in cui il tempo passa velocemente, come una sorta di contemplazione pacifica.
Elaborazione del sogno
La vigilia emerge in sequenza dopo una fase REM (la fase del sonno caratterizzata dal sogno).
Si è visto in laboratorio che
La vigilia dona la possibilità di uno spazio privilegiato di elaborazione del sogno.
Una sorta di zona di confine tra il sonno e la veglia, simile allo stato ipnagogico, ma più prolungato e senza la spinta a scivolare nel sonno profondo tipica dell’ipnagogico.
Nella sua analisi storica sul sonno degli antichi, il ricercatore Wher propone questa visione: per gli antichi il risveglio notturno ha fornito un canale di comunicazione diretto fra i messaggi dei sogni e la vita da svegli.
Con la perdita della vigilia nel nostro sonno continuato, questo canale si è chiuso, al punto che molti, nella nostra epoca, faticano addirittura a ricordare i sogni fatti. Wher specula che questo sia uno dei motivi per cui l’uomo moderno ha perso il contatto con le origini profonde dei miti e delle fantasie.

Orologio biologico
Vediamo ora di comprendere meglio come l’uomo regola il suo bisogno di dormire e di stare sveglio.
L’uomo possiede un meccanismo interno di regolazione delle sue fasi di sonno e di veglia. È un orologio biologico che regola le funzioni corporee e fisiologiche in base alla spinta allo stare svegli e al dormire.
Nell’orologio biologico non esiste un tempo universale. Ognuno ha un suo tipico ciclo circadiano (cioè che si ripete ogni giorno). Questo viene ereditato geneticamente e viene espresso individualmente in modo unico. Così come tutti ereditiamo 5 dita ma ognuno ha delle impronte digitali diverse dall’altro.
Quello che si è potuto notare, studiando questo meccanismo di regolazione, è che è possibile raggruppare i funzionamenti degli orologi individuali in tre categorie.
Chi ha un ritmo circadiano inferiore alle 24 ore tende a svegliarsi presto e ad andare a letto presto, con un picco di vigilanza attorno a mezzogiorno.
Chi ha un ciclo più lungo delle 24 ore tende a fare le ore piccole e a stare a letto fino a tardi la mattina, con un picco di attività attorno alle 6 del pomeriggio.
Nel libro del cronobiologo Michael Smolensky, pioniere di questi studi, queste due impostazioni dell’orologio biologico sono chiamate Allodole e Civette.
Le Civette prediligono la vita notturna e le Allodole il risveglio precoce.
Secondo il ricercatore nelle persone esiste una distribuzione di questo tipo: 1 su 10 ricade nel tipo puro Allodola, mentre 2 su 10 esprimono le caratteristiche pure della Civetta.
I restanti 7 si trovano un una zona intermedia, definita, per restare in tema con i volatili, Colibrì.
Gli esperimenti sull’orologio biologico
Negli anni 60 sono stati fatti degli esperimenti per comprendere meglio il funzionamento dell’orologio biologico. In uno di questi un gruppo di persone è stato rinchiuso per mesi in caverna, senza alcun contatto con la luce naturale. Il ritmo sonno veglia in questo modo era regolato in modo esclusivo dall’orologio biologico interiore.
Quello che si è visto è che in questa libertà totale l’orologio portava la persona a sfasarsi sempre di più rispetto alla reale durata della giornata solare.
Le allodole andavano a dormire sempre prima, e le civette sempre dopo, portandosi in una condizione di sfasamento completo.
Uscendo dopo un lungo periodo di tempo dal laboratorio in caverna, le civette, convinte di andare incontro al giorno, si sono trovate nel pieno della notte (e viceversa per le allodole).
Nella quotidianità noi non viviamo questo sfasamento. Perché?
Perché l’orologio biologico ha la capacità di sincronizzarsi sulla durata temporale della giornata in base alla luce solare.
La luce solare è agisce come sincronizzatore dell’orologio biologico.
Almeno, lo è sempre stato, fintanto che è intervenuta la luce artificiale ad alterare questo delicato equilibrio.
La luce artificiale
La luce artificiale ha la capacità di spostare la sincronizzazione dell’orologio biologico, interferendo con il processo naturale dell’alternanza sonno veglia.
Ad esempio è noto che un’esposizione alla luce artificiale in determinate finestre temporali ritarda il rilascio di melatonina, e quindi dilata la durata della veglia spostando il naturale insorgere della sonnolenza.
La stimolazione avviene attivando delle aree cerebrali che hanno la funzione di sincronizzare l’orologio biologico. Queste aree sono situate sopra il chiasma ottico (dove i nervi ottici si incrociano) e per questo viene chiamato Nucleo Sopra Chiasmatico.
Se questo nucleo viene stimolato da una luce sufficientemente intensa, trasmette l’informazione al sistema nervoso di ritardare l’insorgere del sonno. Dal punto di vista biologico, se c’è luce è ancora giorno, e non ha senso dormire. Viene perciò ritardata la produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale.

Esistono delle finestre di particolare sensibilità di questo processo: tra le 6 e le 9 di sera, e tra le 4 e le 5 del mattino. In queste due finestre temporali la luce artificiale interferisce in modo intenso sul processo biologico della regolazione sonno-veglia.
Alla luce di queste informazioni, per una corretta igiene del sonno, è consigliabile ridurre al minimo l’esposizione alla luce artificiale in questi orari.
I processi opponenti
Osservando la situazione da un punto di vista globale, quello che appare è l’intersezione di due processi che sono attivi contemporaneamente la cui sommatoria determina il grado di attivazione dell’organismo, e di conseguenza la predisposizione alla veglia e al sonno.
Il primo processo è quello circadiano che abbiamo visto prima riguardo l’orologio biologico. Questo processo non è lineare, ma prevede, all’interno della giornata, delle variazioni significative.
All’interno della giornata ci sono due onde lente di attivazione, che regolano la vigilanza e l’attivazione biologica. Sono due onde che hanno il loro picco tra le 7 e le 10 di mattina e le 7 e le 10 di sera (con le ovvie variabili individuali).

Le attivazioni energetiche sono correlate ad un maggiore rilascio di ormoni attivanti come l’oressina, una molecola che accelera il tasso metabolico.
L’atro processo implicato nella regolazione biologica del sonno-veglia è il debito di sonno.
Semplificando molto le cose, ogni ora in cui sei sveglio corrisponde ad un’ora di deprivazione di sonno. Questo “debito” si accumula e si somma nell’arco della giornata. Il debito si estingue con il sonno. Idealmente, dormendo si porta il conto a zero.

L’insieme dei due sistemi di regolazione è chiamato “modello dei processi opponenti” dal suo ideatore: William Dement.
La risultante dei due processi determina il grado di attivazione e di regolazione del ciclo sonno-veglia all’interno della giornata.
Il suo andamento è un’onda di questa forma.

Questo modello è un derivato dallo studio del sonno dell’uomo moderno, per cui, come puoi notare, manca la seconda onda di attivazione notturna, perché il sonno è continuo.
Quello che balza subito all’occhio è il calo di attivazione nelle prime ore del pomeriggio.
Questo è un periodo ideale per inserire un momento di riposo. Assecondando l’andamento fisiologico del ciclo di attivazione circadiano si può trarre il maggior beneficio dal riposo. Il riposino pomeridiano, a volte visto come segno di pigrizia e di svogliatezza, in realtà è del tutto naturale e legittimo.

La vigilia come periodo di elaborazione del sogno
Torniamo all’argomento protagonista: la vigilia.
La vigilia si presenta dunque come un lungo sogno quasi ipnagogico caratterizzato da un profondo rilassamento e dal ricordo vivido dei sogni. Questo permette di elaborare in modo profondo, a livello non razionale, le emozioni e le fantasie del sogno.
Come abbiamo visto nelle parti precedenti della rubrica sugli stati di coscienza, il sonno ha una duplice funzione: il recupero e la riparazione fisiologica e il recupero psicologico. Nel sonno moderno, questa duplice funzione viene alternata all’interno di cicli di 90 minuti, con una predominanza del recupero e riparazione fisica nella prima parte della notte. Con il passare della notte questo equilibrio si sposta e predomina il recupero psicologico tramite un tempo maggiore dedicato all’integrazione del materiale onirico.
È probabile che l’uomo antico avesse questa duplice funzione separata in modo più marcato, e che il fatto di averla oggi alternata nei cicli di un’ora e mezza derivi dall’aver compresso il sonno in un unico periodo di 8 ore continuative.
Probabilmente quello che noi viviamo come sogno nel sonno REM era vissuto un tempo in modo diverso. L’elaborazione avveniva in questo lungo periodo di vigilanza attiva.
Una prospettiva evolutiva
Perché l’uomo ha sviluppato questo intermezzo vigile notturno? Una possibile risposta alla domanda arriva anche dalla prospettiva evolutiva della nostra specie.
Se immaginiamo un villaggio di cacciatori-raccoglitori, il fatto di avere delle persone in una condizione di dormiveglia garantisce al gruppo una protezione maggiore dai pericoli notturni.
Avere un’alternanza di persone che “fanno la guardia” vigilando sugli altri è un fattore di sicurezza che evolutivamente ha garantito la trasmissione genetica di questa caratteristica.
Le ricerche antropologiche in questo campo di studio confermano questa ipotesi. Lo studio delle tribù non modernizzate ha trovato un riscontro positivo di questo modello.
Oltre alla vigilanza quieta e alle fantasticherie del sogno, in questo intermezzo notturno il villaggio era comunque attivo. Il sonno dei cacciatori-raccoglitori non era continuo e monolitico (e lo è ancora per chi dorme in questo modo).
Nelle tribù dedite all’allevamento i pastori ad esempio utilizzano questo risveglio per mungere il bestiame.
Nella sua ricerca storica Ekirch ha inoltre scoperto che il periodo notturno era il preferito per gli accoppiamenti. Le coppie approfittavano della quiete e della rilassatezza dello stato di veglia per l’intimità. Dopo il primo sonno, il corpo era più riposato e l’accoppiamento era più appagante.
Qual è il vero sonno?
Abbiamo esplorato da più prospettive l’argomento del sonno, scoprendo che non esiste un unico modo di dormire.
Il nostro modo comune di intendere il sonno, caratteristico dell’uomo occidentale moderno, è chiamato monofasico. Comprende cioè un sonno continuo della durata di 7-8 ore caratterizzato dall’alternanza di cicli di 90 minuti di varie profondità di sonno.
Abbiamo visto che la modalità storica di sonno dell’uomo pare sia stata quella bimodale, caratterizzata da un intermezzo di vigilanza tra una prima e una seconda fase di sonno.
Esiste poi una terza modalità, il cosiddetto sonno polifasico, in cui la persona dorme 20-30 minuti ogni 3-4 ore, riducendo in questo modo la necessità di dormire a non più di tre ore al giorno.
Si considera questa modalità di sonno come un tentativo di massimizzazione dell’efficienza. Secondo alcuni ricercatori, personaggi come Leonardo da Vinci, Napoleone, Edison e molti altri adottavano questo stile di sonno.
In tempi recenti sta rivivendo una specie di rinascimento, portato alla ribalta dal metodo Uberman [ Vedi Uberman Sleep Schedule ].
Nel grafico qui sotto puoi trovare degli esempi di come alcuni personaggi illustri hanno vissuto il sonno.

Qui puoi trovare l’infografica originale.

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Il sonno plastico
Come vedi il sonno è un elemento della nostra umanità che è altamente plastico. Viene modificato dalla cultura, dalle variazioni stagionali, dal periodo storico in cui vivi, dalle tue condizioni psicologiche della giornata, dal tuo bioritmo individuale.
Nella cultura e nell’epoca storica in cui ci troviamo, il sonno monofasico, continuo per le 7-8 ore notturne, è predominante.
È giusto o sbagliato? Dovremmo dormire diversamente?
Difficile rispondere a questa domanda con una risposta netta.
Certo è che questo modo di dormire si presenta come un adattamento recente alla nostra vita moderna, e che elimina l’accesso allo stato di coscienza della vigilia.
Nel repertorio degli stati di coscienza dell’uomo moderno manca un tassello: quello della vigilia.
Quindi, dormendo in questo modo, limitiamo l’accesso all’elaborazione del sogno nella modalità tipica della vigilia. Esistono però altri modi di esplorare e di integrare i sogni, che si adattano bene con il nostro modo “moderno” di dormire. Li vedremo nei prossimi due appuntamenti della rubrica, in cui esploreremo il sogno e il sogno lucido.
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Bibliografia
Thomas Wehr – In short photoperiods, human sleep is biphasic
Roger Ekirch – Segmented Sleep in Preindustrial Societies
Roger Ekirch – Sleep We Have Lost
Il nobel per gli ingranaggi dell’orologio biologico
Michael Smolensky – The Body Clock Guide to Better Health
Jeff Warren – Dove hai la testa?
William Dement – Il sonno e i suoi segreti
4 commenti su “La vigilia [Rubrica Stati di Coscienza]”
Ciao Agostino,
premesso che ad oggi, rispetto a quando ero bambina/ragazzina, raramente ricordo i sogni, anche se negli ultimi anni ne ho fatti alcuni che per me sono stati particolarmente significativi mentre quando ero più giovane non solo ricordavo facilmente al risveglio quello che avevo sognato ma mi era capitato più volte di fare sogni lucidi, occasioni in cui avevo capito che meno cercavo di intervenire nel corso degli eventi del sogno e più riuscivo a rimanere consapevole senza risvegliarmi, ma non è per questo che sono intervenuta, la premessa serve soltanto a specificare che conosco quegli stati.
Arrivo al dunque: c’è stato un periodo di circa un mese o due in cui mi capitava, direi ogni singola notte di ritrovarmi in uno stato, mai sperimentato prima, a metà tra il sonno e la veglia. Sapevo di essere vigile così come sapevo di non essere sveglia. s
Sapevo anche che avrei potuto risvegliarmi in qualsiasi momento ma la cosa entusiasmante e che faceva si che restassi in quello stato era che mi arrivavano tutta una serie di concetti, innovativi e pieni di senso, che mai sarei riuscita ad elaborare nel normale stato di veglia. Mi sentivo come se venissi istruita da qualcosa o qualcuno che non era “me” (questo prima di fare tutta un’altra serie di esperienze), tant’è che mi ero attrezzata con un’agenda e una penna da tenere sul comodino, per non perdermi quello che mi passava per la mente, pronta a prendere nota al risveglio vero e proprio che puntualmente avveniva in piena notte, motivo per cui escludo anche lo stato ipnagogico.
Qualcosa mi dice che sto commentando nel posto giusto, anche se non mi ritrovo pienamente nella descrizione.
Grazie mille
Inizialmente, le primissime volte, avevo pensato si trattasse di qualche forma di sogno, pur non avendone le caratteristiche, visto che non si trattava di immagini ma di pensieri e concetti non riconducibili a una “produzione propria”
Da come lo descrivi può essere stata effettivamente un’esperienza dello stato di “vigilia”. Dopo quel periodo, non ti è più capitato?
Si, mi è ricapitato, ma non con la stessa frequenza e non con la stessa intensità, almeno non nello stato di sonno…
Una delle frasi che più mi rimase impressa e che ancora oggi ricordo a memoria è:
“Alla fine per esser riuscita a buttar giù quel castello deve esserci andata proprio forte con quella necessità.”
Parole che oggi assumono un significato preciso.
Perlopiù comunque si trattava di vere e proprie istruzioni, non saprei come altro definirle, mi sembra il termine più adatto, un apporto di informazioni di “qualità” relative a quello che stavo studiando in quel periodo ma non si trattava di una mia rielaborazione, per farla breve non era farina del mio sacco.
Esperienza che col senno di oggi mi fa capire quanto sia zuccona! :D
Pearl Jam – Unthought Known
https://youtu.be/P-Db7U0sicA
Non era me ma riguardava strettamente me…
Sono le 13 circa! :D