La consapevolezza nella crescita della persona
Osservando il panorama della crescita vedo una forte contrapposizione fra due orientamenti, apparentemente distanti tra di loro.
La crescita personale strettamente detta, incentrata sul miglioramento personale, e la crescita orientata alla pura ricerca interiore, cioè all’aumento della consapevolezza individuale.
Spesso leggo accesi dibattiti tra i due schieramenti, su cosa sia necessario fare per vivere una vita piena e realizzata.
Ci sono apparentemente due strade: una è lasciare da parte la mondanità e le relazioni, abbandonare la brama verso il possesso per cercare la felicità duratura, quella che origina da dentro di sé.
L’altra opzione è quella della ricerca della conquista della vita. Quindi obiettivi concreti, materiali e successo personale.
Esiste un modo di unire queste due visioni per avere una crescita personale consapevole?

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La crescita orientata al fare
La crescita personale per come è concepita ordinariamente è incentrata sul miglioramento di uno -o più- aspetti della propria vita.
L’idea di fondo di questo approccio è che…
concentrando le proprie intenzioni su un’area specifica è possibile migliorarla e portarla ad un nuovo livello, che è chiaramente migliore della condizione attuale.
Esiste quindi la crescita finanziaria, la crescita delle proprie capacità di studio e di memoria, la crescita nella capacità di comunicazione in pubblico, la crescita nelle abilità nel lavoro di squadra, la crescita della capacità di seduzione, e avanti così per ogni area della vita.
L’offerta odierna è incredibilmente variegata, c’è l’imbarazzo della scelta: il catalogo dell’offerta formativa in ogni ambito della crescita è colmo di opportunità.
A volte la motivazione è originata da un disagio iniziale, anche se non è sempre così. Cioè potresti renderti conto di essere in difficoltà, ad esempio economica, e cercare di fare qualcosa per migliorare questo aspetto. Oppure potresti avere un tenore di vita che ritieni adeguato, ma avere comunque l’impulso di volere di più.
Da questo punto di partenza orienti la tua attenzione e le tue azioni in quest’area della vita per crescere e migliorare, per portarla ad un nuovo livello.
Ti faccio notare che non necessariamente si tratta di qualcosa di materiale. Potresti ad esempio volere più conoscenze: 5 lauree diverse tra di loro. Il concetto di fondo non cambia.
Questo modo di crescere riflette il modo in cui noi occidentali ci rivolgiamo alla vita: con degli obiettivi.
Vogliamo ottenere qualcosa dalla nostra vita. Vogliamo migliorare, e siamo disposti a fare qualcosa per questo.
Definisco questo tipo di crescita “orientato al fare”.
La motivazione iniziale
La crescita orientata al fare origina spesso dal rendersi conto di qualcosa che manca nella propria vita, o dall’impulso a volere di più.
In sostanza esiste un spinta interiore che emana dal sentire che “devo essere diverso da come sono.”
Così come sono non vado bene, devo fare qualcosa. Oppure, allo stesso modo: quello che ho non è sufficiente, voglio di più.
Si tratta di un movimento legato ad una mancanza, ad una carenza.
Spesso in questo orientamento alla crescita si viene invitati ad assumere un modo di essere per ottenere uno scopo preciso.
Si viene invitati ad assumere dei modelli di pensiero: possono essere riferiti alla mentalità vincente, alla mentalità dell’abbondanza, agli atteggiamenti del seduttore di successo… insomma ci siamo capiti.
Nei casi più estremi ci si spinge al copiare comportamenti e atteggiamenti delle persone prese come modello di riferimento.
Questo modo di crescere a volte si dimostra vincente dal punto di vista pratico: si raggiungono gli obiettivi prefissati, spesso anche in breve tempo.
È un modello della crescita personale orientato all’efficienza, e l’efficienza sta nell’ottenere quello che si desiderava inizialmente. Ad un prezzo elevato però.
Assumere un modello di pensiero, un modo di essere che non è tuo, ti allontana dalla tua verità: ti allontani da chi sei tu. Questo alla lunga ha un costo dal punto di vista umano, sempre.
Cioè si ottengono dei risultati anche importanti ma ci si sente vuoti, finti.
Quando c’è una sconnessione tra quello che fai e quello che sei, i risultati non appagano fino in fondo.

La crescita orientata all’essere
L’altro versante della crescita è quello orientato alla ricerca interiore: la crescita nella consapevolezza.
Constatato l’insuccesso dal punto di vista della realizzazione umana del modello precedente, ci si orienta verso l’interiorità, alla ricerca della completezza esistenziale.
Si tratta della via spirituale propriamente detta, che tradizionalmente abbandona la mondanità per rivolgersi in modo esclusivo alla consapevolezza. Si ricerca di un’esperienza, o una condizione, che è stabile, al di là dei continui mutamenti della vita. La direzione è corretta, infatti…
nella consapevolezza di sé è custodita la completezza che cerchiamo fuori.
Chiamo questo tipo di crescita “orientata all’essere”.
Per approfondire » I 4 significati della parola spiritualità
Nell’essere (nella consapevolezza di sé) è possibile scoprire la perfezione della dimensione soggettivamente assoluta, che giace intoccata al di là delle dualità della vita.
Da questa condizione di assenza di definizione, propria della consapevolezza di sé, osservando i mutamenti della vita li si vede per quello che sono: un gioco di apparenze, effimero e transitorio. Un’illusione.
La crescita in questo campo allora si traduce nel restare sempre più aderenti a questa condizione. Sempre più ritirati in sé stessi, sempre più distaccati dall’illusione della vita.
Sembra la soluzione definitiva all’errore della via orientata al fare. Finalmente, trovata la completezza ricercata, è possibile direzionare lì i propri sforzi di crescita.
Sfuggendo dal narcisismo della crescita per obiettivi concreti si cade nel narcisismo della crescita interiore.
Cercando di saltare oltre la volontà egoica individuale può innescarsi il subdolo meccanismo del bypass spirituale.
Il ritirarsi nell’essere può rivelarsi una via di fuga dorata, originata dall’incapacità individuale di vivere e di relazionarsi con gli altri.
Per questo motivo lo definisco narcisismo. Può essere abbellito da un alone di misticismo e folklore, ma si tratta in molti casi di un atteggiamento spinto di superiorità e individualismo estremo.

La crescita orientata al divenire
Esiste una sintesi tra i due orientamenti? Un approccio che elimini i difetti di entrambi e che ne metta assieme i punti vincenti? Esiste, certamente.
A volte origina nella persona come moto spontaneo dopo aver esplorato entrambe le polarità.
Orientarsi in questo fin dall’inizio permette di risparmiare tempo e di agire fin da subito nella direzione migliore. Io la definisco la crescita “orientata al divenire”.
In questa modalità di concepire la crescita l’integrità dell’essere non è il punto di arrivo, ma diviene una tappa intermedia.
Sapere chi sei, e rimanere aderente alla tua verità, è il punto di origine per orientare la tua esistenza.
L’intenzione non è quella di ritirarsi nell’essere e di abbandonare la vita, ma quella di portare sempre più consapevolezza nella quotidianità.
Non una fuga all’indietro, ma un abbraccio consapevole della vita e delle relazioni. Un abbraccio attivo, costruttivo. Un abbraccio che vuole…
costruire una vita ad immagine e somiglianza della propria verità.
Questa è la differenza sostanziale rispetto alla crescita focalizzata esclusivamente alla consapevolezza. Si tratta di tradurre ciò che è custodito nella consapevolezza in qualcosa di oggettivo.
Significa conoscere direttamente quello spazio neutro, indefinito, che è la nostra vera natura, e riconoscere che seppur vuoto, tremendamente vuoto, contiene dei semi che vogliono tradursi in qualcosa di reale.
Dal puro essere, indefinito, al divenire qualcosa di definito.
Dal non-manifesto al manifesto.
È la traduzione concreta della tensione evolutiva contenuta nella consapevolezza.
La consapevolezza è la fonte naturale della creatività e dell’innovazione, proprio perché contiene al suo interno le infinite potenzialità di divenire qualcosa.
La tensione che inizialmente spinge verso l’auto-conoscenza, poi verso la conoscenza dell’altro essere umano, si orienta infine nella traduzione delle infinite potenzialità della consapevolezza di sé. Nei processi innovativi umani legati all’arte e alla scienza è accaduto proprio questo.
Accade in modo spontaneo e naturale, è una diretta conseguenza di quello che accade a livello interiore rimanendo aderenti alla propria consapevolezza e assecondando il moto creativo che spontaneamente emerge da quello “spazio vuoto”, origine di tutto.

Un nuovo significato alla crescita personale
L’approccio descritto propone una sintesi tra la crescita interiore e quella esteriore, partendo dalla prima, partendo cioè dalla conoscenza di sé. L’esperienza ha reso evidente che una senza l’altra non porta alla pienezza esistenziale tanto ricercata.
Esiste un percorso ideale, che permette di passare gli stadi della crescita in una progressione ottimale. La crescita crescita descritta ha tre fasi, che andrebbero conosciute e vissute pienamente senza scavalcarle.
Conoscere i condizionamenti
La prima è una fase di de-strutturazione, di conoscenza dei processi mentali che hanno direzionato e condizionato la vita e le scelte fatte.
Questi contenuti mentali non si possono scavalcare, vanno conosciuti e integrati, altrimenti continueranno a ripresentarsi e a sabotare ciò che verrà dopo.
Accedere alla piena consapevolezza di sé
Pulito a sufficienza la propria mente al punto di aver attenuato il disturbo del rumore di fondo, ci si orienta alla ricerca interiore propriamente detta, cioè verso l’esplorare la dimensione della consapevolezza.
Lo scopo è ottenere la piena consapevolezza di sé, cioè fare crollare l’impalcatura che tiene in piedi la dualità, il sentire di essere separati, dagli altri, dalla vita, da sé stessi. Si tratta di una condizione di unione diretta e consapevole con sé stessi, in grado di donare una completezza esistenziale indescrivibile.
Per approfondire » Intensivo sull’Essere Consapevole
Portare la consapevolezza nella vita
Tenendo l’attenzione sulla consapevolezza di sé per un tempo adeguato (un tempo che ha chiaramente una durata soggettiva) emerge l’impulso a creare qualcosa, a tradurre e manifestare i semi custoditi nella propria consapevolezza nella vita.
Dall’essere emerge l’impulso a divenire qualcosa.
Questa è la terza fase della crescita: il tradurre sé stessi nella vita tramite le abilità, attraverso le relazioni, restando consapevoli di sé in ogni contesto.
Ora è possibile farlo nel modo ottimale perché si sono puliti a sufficienza i meccanismi sabotanti della mente e perché si conosce sé stessi in profondità.
Per approfondire » Abilità nella vita
Questo è il vero significato del termine divenire: quando quello che fai è in stretto contatto con quello che sei. Quando c’è questa unione, ecco che si attinge alla vera motivazione, ad una fonte pressoché infinita di energia vitale.
La vera motivazione sta nell’essere che fa quello che è.
Non più una motivazione di carenza o di mancanza. Non più una lacuna da colmare, ma una pienezza da donare.

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Una sequenza naturale
Questo ordine progressivo nasce dall’esperienza sul campo, osservando l’ordine naturale della crescita di moltissime persone. Si è notato cioè che chi affrontava le fasi in ordine diverso è andato incontro a difficoltà maggiori, o semplicemente ha impiegato un tempo più lungo a tradurre lo scopo di ogni fase.
Ogni fase ha i suoi scopi e suoi strumenti, non andrebbero confusi o sovrapposti tra di loro.
Negli anni ho visto persone compiere i giri più articolati all’interno di questi tre passaggi, partendo dalla terza fase e finendo nella prima, per poi tornare di nuovo alla fase di costruzione.
Si tratta della storia individuale: ognuno ha il proprio percorso di vita e quindi ha il proprio percorso di crescita. Le differenze individuali fanno parte della bellezza dell’essere umano. Nonostante questo è possibile definire uno schema generale funzionale allo scopo.
Conoscerlo permette di risparmiare tempo e fatica. Il mio invito dunque è quello a riflettere sulla tua crescita in base al modello proposto e a fare un’analisi personale: dove ti trovi? Qual è il tuo prossimo passo?
A volte il prossimo passo significa tornare indietro a sistemare quello che non si è portato a conclusione.
In realtà non si torna mai indietro, si va sempre avanti nel proprio percorso di crescita. Non potrebbe essere altrimenti.
A volte il prossimo passo significa lasciare una fase ed entrare in quella seguente.
Ora conosci a grandi linee quelli che sono i passi da compiere. A te la scelta, come sempre.
6 commenti su “Divenire: quando il fare incontra l’essere”
Grazie Agostino per l’articolo. Nella terza fase qual’è l’intenzione che muove il fare correlato all’essere?
Giorgio l’intenzione è quella di manifestare sé stessi nella vita. A questo punto non c’è una motivazione di carenza, ma si origina da una condizione di pienezza. Ciò che sei muove le tue azioni per esprimere la tua verità. E nel fare, trovi un riflesso di te stesso.
Questa è l’intenzione sottesa a tutte le altre intenzioni (che chiaramente si manifestano in altre forme specifiche).
Grazie Agostino per questa condivisione! Trovo il tuo percorso molto interessante. Incentrato sulla persona che crescendo nella completezza di se’ recupera quell’unita’ smarrita dietro alle mille immagini che ci creiamo. Ti vorrei chiedere quale ruolo occupa l’immagine di se’ in questa visione di crescita nella consapevolezza dell’essere? grazie di cuore….
Ciao Maurizio, grazie per l’apprezzamento. Hai colto in pieno il senso dell’articolo e dei percorsi che propongo.
Per rispondere alla tua domanda serve specificare cosa si intende con “immagine di sé.”
Più una persona è dissociata dall’essere più tende a creare una “immagine idealizzata di sé stessa”. Invece di essere ciò che è, si percepisce tramite una fantasia mentale lontana dalla realtà. Questa immagine funge da ammortizzatore per non sentire il dolore della separazione.
Molti percorsi di crescita cavalcano queste idealizzazioni, le usano come gancio per attrarre le persone e “pompano” la fantasia con promesse irreali e irrealizzabili.
Per recuperare l’integrità di sé serve smantellare queste idealizzazioni e tornare in contatto con la realtà di ciò che si è, fintanto che la persona percepisce sé stessa direttamente, senza alcun filtro, semplicemente essendo sé stessa in modo autentico e trasparente (cioè senza immagini idealizzate).
Da questa condizione di interezza e di autenticità, priva di idealizzazioni, emerge un altro tipo di immagine di sé* (non idealizzata), sotto forma di intuizioni o realizzazioni rispetto alla verità di sé. Restando in tema con l’articolo: stando aderente all’essere, emerge il divenire.
Riassumendo schematicamente:
1) smantellata l’immagine idealizzata di sé, emerge la verità di sé, che non è un’immagine.
2) la verità è semplicemente essere. L’essere non ha immagini, è senza forma, vuoto e pieno allo stesso tempo, è coscienza indifferenziata.
3) dall’essere emerge l’impulso a divenire, cioè ad esprimere i propri semi esistenziali nella vita (e questo può emergere sotto forma di intuizioni o realizzazioni profonde sulla propria natura)
*Definire immagini ciò che emerge al punto 3) è una definizione impropria perché un’immagine è un contenuto mentale. C’è una differenza sostanziale tra un’immagine mentale e una realizzazione profonda su di sé: una appartiene alla mente, e l’altra all’essere.
Ho risposto in modo molto stringato, dietro ogni passaggio ci sarebbero un’infinità di cose da specificare. Se hai dubbi, chiedi pure!
Articolo interessante.
Una domanda: come restare presenti a se stessi quando ti trovi in una tempesta emotiva, per evitare di trovarti in uno stato di trance emozionale?
Grazie se vorrai rispondere.
Ciao Claudia, grazie per aver posto la domanda, che certamente è di interesse a molti.
La risposta può essere molto complessa, ma ti rispondo nel modo più semplice possibile. C’è bisogno di avere presenza, che permette l’emergere di queste emozioni senza drammatizzarle, permettendosi di sentirle (quindi restando aperti) ma senza “caderci dentro”. E questo è un terreno che va preparato prima, non al momento di apice.
Immagina un contenitore e un contenuto. Il contenitore è la consapevolezza, il contenuto è qualcosa che emerge all’interno della consapevolezza. Quando il contenitore è piccolo, ed emerge un grosso contenuto emotivo, la consapevolezza ne viene travolta e c’è un “rapimento” e emozionale, ovvero l’emozione agisce al posto dell’individuo consapevole. Se c’è tanta presenza consapevole, il contenitore è grande, e quando emerge un contenuto emotivo, seppur grosso, non supera mai quella soglia da far scattare il “rapimento”. Non ci sono trucchetti da applicare al momento di apice, se manca questo elemento, quando l’emozione e la sua energia supera una certa soglia, sarai in balia dell’emozione, della sua dinamica, e la agirai inconsapevolmente, in trance come hai scritto tu.