La dissociazione di sé e l’integrazione dell’ombra

Sentirsi incompleti e separati ha la sua radice nella dissociazione di sé. Scopri come e quando avviene questo processo e quali sono i passaggi interiori necessari per integrare l'ombra psicologica.
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Siamo nati interi, uniti. Lo siamo ancora, tutti… eppure nel nostro campo percettivo l’esperienza di unità e di integrità è spesso preclusa. Ci sentiamo divisi interiormente, frammentati in tante parti in contrasto e in conflitto tra di loro, e ci sentiamo separati dal mondo e dagli altri.

Perché accade? Come si verifica questa decadenza? E soprattutto… è possibile ritornare a sperimentare l’integrità di sé, l’esperienza di unione completa con sé stessi, con la vita e con gli altri?

Per rispondere a queste domande dobbiamo percorre la nostra “storia evolutiva” e comprendere alcuni passaggi importanti. Per storia evolutiva intendo il nostro “venire ad essere”.

Esiste una nascita biologica, fisica, ben conosciuta e documentata. Sappiamo quando siamo nati, quanto pesavamo, come siamo stati accolti e tanti dettagli legati al venire al mondo. Questa è la storia del nostro corpo biologico.

Esiste poi un’altra nascita, che accade sul piano interiore: il venire ad essere, l’apparire di un io e tutti i processi evolutivi collegati a questi passaggi.

Generalmente quando si parla di “venire al mondo” l’attenzione è rivolta esclusivamente alla nascita fisica, e lo sviluppo interiore non viene preso in considerazione. Non ci si cura più di tanto di questo aspetto, dandolo per scontato o non riconoscendone l’importanza.

In questo articolo invece procediamo con un’intenzione opposta: come veniamo ad essere?

Procediamo con ordine… partiamo dall’inizio.

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Venire al mondo

Quando veniamo al mondo nasciamo con un campo di coscienza unificato. Sia nella gestazione in pancia che nel primo periodo di vita il neonato sperimenta il mondo senza sentire alcun tipo di separazione. Vive e sperimenta tutto ciò che vede, odora, sente… con un senso di profonda unione. Non si sente separato da ciò che percepisce e sente. Percepisce e sperimenta tutto ciò che vive con un senso di profonda e intima connessione.

Psicologicamente non esiste un “io”, non esiste un centro percettivo differenziato che gli permette di distinguere sé stesso da ciò che sta sperimentando. Tecnicamente possiamo dire che è in tutto ciò che vive e sperimenta. Cosa significa in concreto?

Quando un adulto sente mal di pancia, il suo vissuto è “io sento il mal di pancia”. Un neonato, non avendo un io ancora formato, sperimenta tutto essendo ciò che vive, senza separazione. Il neonato con il mal di pancia vive l’esperienza di essere quell’insieme di sensazioni spiacevoli chiamate mal di pancia. Tutto viene vissuto in questo modo: direttamente.

È un’unione “grezza”, è una fusione esistenziale con tutto ciò che viene vissuto. Il mondo sia esteriore che interiore è vissuto con questa particolare esperienza soggettiva. Definisco quest’esperienza “grezza” perché il neonato è completamente aperto e in unione, ma non avendo un centro individuato ma non può riconoscerlo.

Possiamo definire questa prima stazione di sviluppo come “essere tutto, senza saperlo”.

Da leggere » Primo respiro

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La nascita di un io

Con la crescita del neonato lo sviluppo fisico prosegue, maturano nuove competenze, c’è una crescita corporea notevole e una sempre maggiore maturazione del sistema nervoso.

Ma cosa accade dal punto di vista interiore? Ad un certo punto accade un evento straordinario, la nascita di un centro percettivo differenziato. Tecnicamente viene definita: individuazione, la differenziazione interiore tra sé e ciò che è altro da sé.

È certamente una maturazione progressiva, ma ha un inizio ben preciso nel tempo psicologico vissuto soggettivamente. È l’inizio di ciò che cominciamo a definire “io”, “me stesso”.

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La nascita di un “io”

Molti pensano che nasciamo già così, con un centro psicologico ben definito, ma in realtà questa nascita psicologica è spostata nel tempo rispetto alla nascita fisica. Generalmente accade intorno ai 5-6-7 mesi di vita, con chiare differenze individuali.

All’inizio questo “io” è un agglomerato di sensazioni e percezioni, prevalentemente fisiche ed emotive. Poi si sviluppa sempre di più e arriva ad includere anche la dimensione mentale, legata al linguaggio e alla definizione degli oggetti del mondo e della causalità degli eventi.

Non c’è nulla di sbagliato in questa nascita interiore, fa parte della maturazione ed evoluzione dell’essere umano su più piani esistenziali.

Eppure, quello che normalmente accade è che con la nascita dell’io nasce anche il senso di separazione: la sensazione soggettiva di sentirsi separati.

L’avere un centro, essere individuato, tecnicamente non include la separazione. Alla capacità di vivere direttamente, senza separazione, viene sommata l’abilità di sperimentare e interagire con la vita tramite un centro unificato, differenziato, completo e in relazione.

Ma questa configurazione è alquanto rara, perché quello che normalmente accade è che la nascita di un io mette in ombra la capacità di sperimentare l’unione.

Riassumendo questi sono i passaggi:

  1. Prima ero tutto
  2. ora sono qualcosa di definito (un “io”)
  3. e in questo essere definito mi sento separato da ciò che è “altro da me” (e sento questa separazione spiacevole e dolorosa).

Perché accade questo?

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La separazione: lo shock narcisistico

L’io nasce sentendosi separato, e percepisce questa separazione dolorosa, come in una mancanza. L’evento viene chiamato “shock narcisistico”, e rappresenta la presa di coscienza della propria separazione.

È uno shock perché è doloroso perdere la condizione di unione.

L’io potrebbe nascere semplicemente differenziandosi, mantenendo la capacità di sperimentare l’unione. Ma invece di differenziarsi come un io completo viene a differenziarsi come un io frammentato, diviso, dissociato. Questo è ciò che rende la nascita dell’io dolorosa.

Questo è un concetto chiave da comprendere a fondo, perché è fonte di numerosi fraintendimenti.

Non è la nascita dell’io ad essere sbagliata di per sé, ma il fatto che questo sia diviso, ovvero che abbia delle parti dissociate (non sia completamente integrato).

Le parti di sé che risultano insostenibili perché troppo intense, o inaccettabili, o non comprese, o che non sono accolte dalle figure che ci hanno accudito nella prima fase di sviluppo, vengono spinte fuori dai confini dell’io.

L’io invece di nascere completo nasce diviso.

Nasce con una parte consapevole e con una parte inconsapevole, inconscia, resistita, dove sono accumulate le parti di sé non integrate.

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La nascita di un io diviso

È una parte della nostra psiche che agisce con dinamiche e spinte proprie, a cui non abbiamo diretto accesso tramite la consapevolezza, e per questo viene spesso definita come ombra psicologica.

Come vedremo più avanti, tutta la vita può essere vista come una ricerca della condizione di unione perduta. Ogni cosa che facciamo implicitamente ha questa spinta come fondamento: il tentativo di ricomporre l’unione.

Per approfondire » L’integrazione della coscienza

Da leggere » I 6 tipi di inconscio

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L’ombra

La spaccatura dell’io in una parte consapevole e una inconscia può essere vista come un’ombra che cala sulla propria interiorità. Un’ombra che copre alcuni aspetti di sé non accettabili, oppure troppo intensi da sostenere, oppure incomprensibili.

Nella realtà fisica un’ombra non fa scomparire qualcosa, ma la cela oscurando la luce del sole. Allo stesso modo quando qualcosa viene messo nella zona d’ombra della nostra interiorità questo non scompare, viene solo nascosto. Continua ad agire e ad emanare i suoi effetti, anche se non è direttamente visibile sotto il riflettore della consapevolezza.

Si crea una zona cieca interiore che impedisce di agire direttamente su alcune parti di sé.

Più sono intensi, dolorosi e inaccettabili gli eventi e gli impulsi spinti fuori dai confini dell’io, più è forte la resistenza nei confronti di questi aspetti rinnegati di sé, e più è intenso il senso di separazione vissuto.

Il sentirsi separati ha la sua origine nella dissociazione da parti di sé, non nella nascita di un centro di coscienza differenziato.

L’unione stabile si realizza integrando le parti non integrate.

La mancata comprensione di questo principio è la fonte di due tranelli in cui molti cadono:

  1. Voler permanere nello stato di unione senza lavorare sulle proprie ombre.
  2. Voler annientare il proprio io perché percepito come fonte di dolore e separazione.

Da leggere » Il bypass spirituale

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L’unione è sempre presente

L’ombra cela l’unità, la nasconde, ma non la può eliminare.

Il fondamento dell’esistenza è (e sempre sarà) un campo di coscienza unificato. Questa è la natura profonda della realtà e questa è la natura profonda dell’individuo, ovvero di ciò che sei. Ciò che sei è già intero e completo, è già uno: sei già in unione profonda con tutto ciò che esiste.

Questa profonda verità può essere sperimentata, anche in modo spontaneo, più volte nella vita. Determinate vissuti, stati meditativi profondi, eventi particolari o sostanze possono aprire le porte all’esperienza di unione.

Quello che accade in queste esperienze (che siano spontanee o ricercate intenzionalmente) è un contatto diretto con la nostra natura più profonda. Un risveglio della coscienza alla sua natura fondamentale: l’unità, la completezza e l’interezza.

Questa condizione è destinata a scemare nel tempo senza un adeguato lavoro sull’ombra. Senza integrare le parti di sé non accettate e non riconosciute, queste continueranno a proiettare la loro ombra e a celare l’esperienza di unione.

Le ombre si possono scavalcare temporaneamente, ma scavalcandole non vengono eliminate. C’è bisogno di un processo di integrazione, di portare la luce della consapevolezza su queste parti non riconosciute. Allora l’ombra che cela l’unità soggiacente scompare e resta manifesta la verità fondamentale dell’esistenza.

Il fenomeno ricorda quello che accade durante un’eclisse: la luce del sole viene oscurata, non viene eliminata. Durante l’eclisse viene semplicemente occultata, ma il sole continua ad emanare la propria luce.

Allo stesso modo la dissociazione di parti di sé crea la quella spaccatura che nasconde l’unione sottostante, come nell’eclisse.

Integrare la propria ombra è il processo che permette di spostare ciò che occulta l’unione. La luce, che sempre è stata presente, torna visibile, torna ad irradiare perché questa è la sua natura.

Per approfondire » Da stato di coscienza a stadio di coscienza

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Energia radiante – Energia del vuoto

Lo shock narcisistico, ovvero la nascita di un io diviso, cambia il rapporto con la vita e la configurazione energetica dell’individuo.

Nasciamo con un’energia radiante, cioè che irradia. Così come il sole emette luce partendo da sé e questa fa risplendere ciò che tocca, allo stesso modo l’individuo, essendo completo e integro in sé, emana la sua energia e irradia ciò che incontra.

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Essere completi emana un’energia radiante

La separazione inverte questo processo energetico: l’individuo sentendosi incompleto non può irradiare. Si genera una configurazione energetica (energia del vuoto) che assorbe energia dall’esterno per cercare di colmare quella parte che si sente mancante.

E questa configurazione è destinata a fallire in partenza, non può avere successo: non ci sarà mai nulla fuori che può riempire il vuoto dentro.

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La separazione crea un’energia del vuoto che assorbe energia per sanare l’incompletezza

Come un buco nero attrae a sé e fagocita tutto ciò che gli orbita intorno, allo stesso modo l’incompletezza si alimenta delle energie di ciò con cui entra in contatto. Un buco nero cresce grazie a ciò che lo alimenta. Allo stesso modo l’incompletezza alimentata tramite l’energia del vuoto non scompare, ma si rinforza sempre di più. La separazione cresce e si rinforza invece che sanarsi.

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Proiezioni

La dissociazione è una mancata integrazione di parti di sé, non accettate, non riconosciute o troppo intense per essere sostenute consapevolmente. Quando queste parti di sé rinnegate vengono spinte fuori dal confine dell’io, ecco che si innesca un processo psicologico particolare: la proiezione di queste parti di sé all’esterno, su persone, cose ed eventi della vita.

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Le parti di sé non integrate vengono proiettate all’esterno

Ciò che ci accade e le persone e gli eventi con cui interagiamo non vengono vissuti in modo neutro, ma vengono distorti da questo meccanismo proiettivo. Non vediamo la realtà per quella che è, ma la vediamo colorata dalle parti di noi stessi che non riconosciamo come nostre.

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La proiezione agisce come un filtro che colora la realtà percepita

Cerchiamo di comprendere questo passaggio con un esempio: incontri una persona per strada che ti guarda, magari per un tempo più lungo del “normale”. Di per sé è un evento neutro, qualcosa che è accaduto e non ha un significato intrinseco. Se però è attivo il meccanismo proiettivo ecco che potresti vivere questo sguardo in modo tutt’altro che neutro. Potresti viverlo con l’interpretazione del tipo “mi sta giudicando”. Oppure “mi sta sfidando”, oppure… “vuole farmi del male”. In realtà quello che è accaduto è che stai vedendo su questo gesto una tua ombra proiettata: il tuo giudicare, il tuo atteggiamento di sfida o il tuo impulso all’aggressione. Non riconoscendoli in te li vedi fuori da te e li percepisci come reali.

Come vivrai questo evento dipende da cosa proietti sulla realtà che esperisci. Quello che proietti è determinato da ciò che non hai integrato in te, dalle tue ombre piscologiche.

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La realtà funge da specchio: mostra le parti di sé messe in ombra

L’aspetto difficile da superare è che questo meccanismo proiettivo è trasparente per chi lo vive. Chi lo vive percepisce che quello sguardo minaccioso o sfidante è la realtà fattuale delle cose, quando in verità è una costruzione dovuta dalla somma di quello che viene vissuto più il colore delle proprie ombre proiettate.

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Il falso sé compensatore

Come abbiamo visto la dissociazione da parti di sé alienate e rinnegate genera un senso di incompletezza: un sentire profondo e radicato di “non essere completo”. Di riflesso, la dinamica che si viene a generare è quella di cercare fuori da sé qualcosa che completi questa mancanza. Viene attivata una spinta compensatrice.

Questa spinta alimenta costantemente una forza che cerca la completezza nel raggiungimento di uno status, ovvero nell’ottenimento di un obiettivo. Una spinta sempre orientata al futuro nel tentativo di compensare la parte mancante: viene definita falso sé compensatore.

Viene chiamato in questo modo perché è contraddistinto da queste tre caratteristiche:

  1. È intrinsecamente falso perché basato su un dato errato: la separazione (falso)
  2. È talmente radicato che le persone sentono che questa è la loro identità. ()
  3. È una spinta che agisce per compensare una mancanza (compensatore).

Quanto più è dolorosa la separazione tanto più è forte la dissociazione, e questa intensità si riflette nella forza propulsiva del falso sé compensatore.

Traducendo il tutto in un concetto sintetico: più ti senti separato più sarai spinto a fare qualcosa per essere completo.

Ma partendo da un dato errato (sentirsi separati) questa spinta è destinata a non raggiungere mai il suo scopo.

Ma non solo, ogni volta che raggiungi quello status che inizialmente aveva in sé la promessa implicita della completezza ti senti ancora più incompleto, perché hai confermato il dato di partenza errato.

Da una falsa premessa non può derivare una conclusione corretta.

Inautenticità

Ogni volta che qualcosa viene messo in ombra, si genera una falsatura della propria espressione, si perde un frammento di autenticità. Perché accade questo?

Perché per mettere qualcosa in ombra bisogna celarlo dalla luce della consapevolezza, e quindi nascondere la verità. La conseguenza è una falsatura. Celando parti di sé, si genera un senso di sé falsato, non autentico.

Questo si traduce con l’incapacità di sentirsi completamente veri e trasparenti, sia nelle relazioni ma anche nei confronti di sé stessi.

Comprendere questo è importante, perché come vedremo uno dei passaggi chiave per integrare le proprie parti dissociate è invertire questo processo: ripristinare la verità.

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Come integrare l’ombra

Abbiamo visto una dinamica importante: la genesi della dissociazione e abbiamo compreso molte delle sue implicazioni.

Come possiamo intraprendere un percorso inverso, che porti verso l’integrazione delle proprie parti messe in ombra?

Ci sono una serie di passaggi interiore da compiere.

A) Interrompi la proiezione e ferma il falso sé compensatore

Il falso sé compensatore agisce in modo automatico con una spinta a ricercare fuori da sé qualcosa che ripristini la completezza. Questa spinta automatica sempre presente va resa consapevole nel momento in cui agisce, va riconosciuta e interrotta. Serve portare presenza e non agire questo impulso primordiale.

Allo stesso modo va reso consapevole il meccanismo proiettivo: serve accorgersi del momento in cui stai colorando la realtà con qualche interpretazione reattiva. Di nuovo è richiesta un’alta dose di presenza consapevole indirizzata nella giusta direzione.

La presenza in questo caso serve come un interruttore per interrompere l’azione.

Fermando la compensazione e la proiezione viene esposto il dolore della separazione, che è proprio quello che vogliamo integrare.

Per approfondire » Lo stato di trance che le persone vivono

B) Contatta l’incompletezza

Se interrompi i meccanismi psicologici della compensazione e della proiezione viene esposto il buco nero dell’incompletezza, quella sensazione sgradevole e resistita del sentirsi separati. L’attenzione deve ripercorrere a ritroso la spinta compensatrice e mettere a nudo questo insieme di sensazioni, emozioni, impressioni.

Invece di allontanarti e compensare, come farebbe il meccanismo automatico reattivo, c’è bisogno di avvicinarsi con attenzione e con apertura.

Deep Dive

C) Integrare

Gli elementi messi in ombra sono carichi di resistenze. Resistere significa “dire di no”.

Un no psicologico è una forza che invece di accogliere quello che stava emergendo alla consapevolezza si è opposta. Proprio perché li hai resistiti sono finiti nell’ombra.

C’è bisogno ora di attuare un processo inverso: dire di sì, accogliere quell’insieme di sensazioni, esperienze, vissuti, fare in modo che possano divenire consapevoli. Significa stare in contatto con quelle sensazioni sgradevoli consumando le resistenze nei loro confronti.

Un modo per farlo è quello di definire ciò che stai sentendo.

Definire significa differenziare qualcosa rispetto ad un insieme confuso di sensazioni. Dove lo senti? Che forma ha? Che cosa fa? … in questo modo lo differenzi e gli dai una forma.

Ciò che non definisci ti definisce, ovvero agisce senza che tu ne sia consapevole.

Definendo qualcosa lo rendi un oggetto della tua coscienza. Quello che prima plasmava la tua identità, ora è divenuto un oggetto interiore con cui puoi relazionarti. Ciò che è definito può essere integrato.

L’integrazione passa attraverso lo scioglimento di ogni resistenza, e per farlo c’è bisogno di una identificazione consapevole con quell’oggetto di coscienza ora definito.

Identificarsi significa diventarlo. Significa assumere quella forma che è stata definita, sentendo completamente ciò che sente. Una identificazione completa permette di sciogliere ogni resistenza.

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D) Esponi la verità

L’ombra si dissolve sotto la luce della verità.

Integrare qualcosa significa esporla alla luce della consapevolezza essendo completamente autentici a sé stessi.

Come abbiamo già visto, quando qualcosa è stato espulso dai confini dell’io la verità è stata celata, e si è creato il falso sé con le sue dinamiche. La cura che permette di invertire questo processo è la verità.

La verità agisce in due modi e in due tempi diversi nel processo di integrazione dell’ombra.

  1. All’inizio, per accogliere la verità rispetto a quella parte dissociata: riconoscerla come parte di sé, come un elemento non riconosciuto di ciò che si è. Possiamo definire questo passaggio come il riconoscere una verità relativa.
  2. Alla fine, per riconoscere la Verità più profonda: la nostra natura di individui consapevoli, interi e completi, intoccati da questo processo. Riconoscere la verità dell’essere, ciò che siamo sempre stati e sempre saremo, ciò che è oltre ogni apparente divisione. Questo è il riconoscimento della verità assoluta di ciò che siamo nella nostra essenza.

L’essere umano vive questa “duplice natura”. Il processo di dissociazione avviene nel piano relativo, e come abbiamo visto questo oscura il piano assoluto. Il processo di integrazione dell’ombra si attua quindi portando la luce della verità sul piano relativo, ma si conclude nel riconoscimento della Verità di sé (su un piano assoluto).

Il processo 3-2-1-0 di integrazione dell’ombra: riassunto schematico

Dove c’era un esso, lì io devo divenire.

In questa frase di Freud è racchiusa l’essenza del processo di integrazione dell’ombra: riappropriarsi di ogni parte di sé rinnegata, divenendola. A questo aggiungiamo il passaggio conclusivo: riconoscere chi sei veramente, ovvero la tua natura assoluta e indivisa.

La dissociazione si esplica in questi passaggi:

  1. inizialmente qualcosa esiste in prima persona (io)
  2. se questo viene resistito non viene riconosciuto come parte di sé ma viene scisso, si crea con esso una relazione in seconda persona (tu).
  3. se viene ulteriormente resistito viene spinto ancora oltre e viene proiettato sulla realtà, sugli altri, sulla vita. Ci si relaziona con esso non direttamente (io-tu) ma in un rapporto in terza persona (esso).
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Il processo dissociativo procede da un “io” a un “tu” ad un “esso”.

Per integrare l’ombra serve fare il passaggio inverso, l’abbiamo visto nei paragrafi precedenti. Qui lo riassumiamo brevemente e schematicamente: processo 3-2-1-0 di integrazione dell’ombra.

Dissociazione 12 Integrazione
L’integrazione dell’ombra procede all’inverso: da un “esso” a un “tu” ad un “io”

#3 – Stop

Serve innanzitutto fermare la spinta del falso sé compensatore e interrompere la proiezione per recuperare un rapporto io-tu con l’oggetto resistito.

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#2 – Definisci

Il passaggio seguente è sentire e definire bene l’oggetto da integrare. Da un insieme senza forma di sensazioni, impressioni ed emozioni deve essere definito all’interno dello spazio della tua consapevolezza.

Definire vuol dire differenziare rispetto al resto. In questo modo si crea un rapporto io-tu con quel particolare vissuto, sensazione, emozione.

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#1 – Identificati

Il passaggio seguente avviene tramite l’identificazione. Con un grande atto di coraggio si diventa proprio quell’oggetto a lungo resistito. Si scivola dentro quella forma che prima è stata definita assumendone la forma e le sembianze. Sentendo pienamente cosa significa essere quell’oggetto. Questo atto di identificazione permette di sciogliere ogni resistenza nei suoi confronti. L’oggetto che prima plasmava la percezione soggettiva evapora, come una bolla di sapone che si dissolve.

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Dissociazione 16 Io

#0 – Disidentificati

Il passaggio conclusivo è il riconoscere l’essere che sei, ciò che sta oltre, la verità indivisa della tua natura più profonda. Questo appare spontaneamente come conseguenza di un atto integrativo ben riuscito, ma è buona prassi portarci intenzionalmente l’attenzione.

Quindi, in conclusione del processo, porta l’attenzione a “chi sei tu” veramente.

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Conclusioni

L’integrazione dell’ombra psicologica è un processo di crescita interiore fondamentale che serve conoscere e padroneggiare per ricomporre la frattura primordiale della dissociazione di sé. Molti ricercatori interiori si rivolgono alla meditazione pensano di scavalcare questo passaggio. Sebbene sia possibile sperimentare l’unione bypassando temporaneamente la separazione, senza un’adeguata integrazione delle proprie parti dissociate, il permanere nella condizione di unione resta un’esperienza transitoria.

L’articolo che hai appena letto è un articolo introduttivo all’argomento: ne seguiranno altri di approfondimento su questo tema. Ti invito, se non l’hai ancora fatto, ad iscriverti alla newsletter per rimanere aggiornato sui prossimi contenuti pubblicati.

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Bibliografia

Gianpaolo Sasso – La nascita della coscienza
Silvano Brunelli – Nel labirinto della mente
Stephen Wolinsky – La via dell’umano
Ken Wilber – Integral spirituality

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12 commenti su “La dissociazione di sé e l’integrazione dell’ombra”

  1. Articolo illuminante, un vero must per ogni persona che vuole intraprendere un cammino di crescita personale. Argomento complesso reso capibile anche per un principiante nel campo della psicologia. Grazie per questo incredibile contenuto Agostino.

    1. Grazie a te Massi!
      Condivido il tuo punto di vista… davvero è un tema cruciale per la crescita in consapevolezza individuale. Ma non solo, perché questi meccanismi agiscono anche a livello collettivo, quindi si manifestano anche con potenti dinamiche di gruppo.
      Mi fa piacere che ti sia stato utile a comprendere certi meccanismi profondi.
      Se lo ritieni utile puoi condividerlo con persone che potrebbero essere interessate all’argomento, può essere spunto di riflessione e di consapevolezza. Questo d’altronde è l’intento di tutto ciò che pubblico.

  2. Bellissimo Tino, spiegato con grande chiarezza, ho letto tutti i punti d’un fiato, è la prima volta che trovo tutto messo in fila bene, è il modo perfetto, per me. Illuminante!
    Grazie di cuore!

    1. Grazie Michelangelo, lo apprezzo. Mi fa tanto piacere avere messo ordine in un argomento complesso. Chiaramente ci sarebbe ancora tanto da aggiungere, ma questi concetti secondo me sono il punto da cuoi partire per sviluppare il resto!

  3. Mi sto arrabattando sul tema tra Wolinsky e Wilber oltre alla Psicosintesi di Roberto Assagioli. Mi è piaciuta la linearità della tua esposizione che mi sembra non può essere sola intellettualizzazione…
    Saluti
    Fernando Potì

    1. Ciao Fernando, il tema è certamente vasto e più autori hanno dato il loro contributo nel comprendere le sue dinamiche.
      L’articolo che ho scritto pur prendendo spunto dagli autori in bibliografia è basato sulla mia esperienza personale, innanzitutto in prima persona e anche in qualità di conduttore di percorsi rivolti alla crescita in consapevolezza, facendo riferimento alle esperienze dei miei partecipanti.
      Se hai domande da porre, non esitare.

  4. Ciao Agostino, ti ringrazio per questo articolo che spiega un concetto molto molto complesso, ma voglio farti i complimenti per come lo hai scritto spiegando in modo leggero chiaro ma sei riuscito a non banalizzarlo dandogli il giusto valore peso e credo che possa essere compreso anche per chi si affaccia a questa finestra/porta per la prima volta.

    1. Grazie Barbara, lo apprezzo! Sì, l’argomento è davvero vasto e complesso, e l’intenzione è proprio quella di spiegarlo nel modo più semplice possibile senza banalizzarlo come spesso accade. Sono felice di essere arrivato al punto.

  5. Molto utile. Esploro le mie reazioni da molti mesi in modo consapevole. Devo dire che provo molta sofferenza. Come posso scoprire quali talenti respingo insieme alla parte oscura che non approvo? Perché fino ad ora ho riconosciuto nel mio lato rinnegato l’invidia, l’egoismo, la prepotenza, ma non vedo la creatività, le opportunità. Buon lavoro.

    1. Michela, perdona il ritardo nella risposta ma vedo solo ora il tuo commento.
      Il lavoro di svelamento dell’ombra non distingue le cose “oscure” dalle cose “luminose”. Lavorando sullo svelamento emergono entrambi.
      In genere si scopre che proprio là dove ci sono i nodi più grossi, dietro era celata una propria dominante (chiamiamo così le spinte autentiche e profonde del vero sé). Quindi se vuoi scoprire le parti più luminose, affronta le parti più oscure senza tirarti indietro.

  6. Sono tornato su questo articolo passando dalla serie Email sulla Consapevolezza, sintetico e chiaro su un tema forse troppo sottovalutato o poco/mal conosciuto.
    Grazie Tino, complimenti!

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